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Padre padrone

Regia di Paolo Taviani, Vittorio Taviani vedi scheda film

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La recensione su Padre padrone

di Peppe Comune
9 stelle

"Padre padrone" è tratto dal romanzo autobiografico di Gavino Ledda , un uomo che da pastore analfabeta diventerà scrittore e professore universitario di Glottologia. Il film diretto dai fratelli Taviani inizia quando il padre di Gavino lo va a ritirare nella classe dove sta fraquentando da pochi mesi la prima elementare perchè "serve per governare e custodire le pecore.(...). Il ragazzo è mio, lo prendo e lo uso perchè non posso farne a meno". Siamo a Siligo, in Sardegna, nel 1938 e Gavino Ledda inizia un'esistenza votata all' isolamento e priva di contatti con la civiltà. É l'esperienza militare a rappresentare per Gavino la possibilità di fuga dall'oppressione paterna, a dargli gli stumenti per potersi emancipare dallo stato di schiavitù a cui è stato assoggettato fino ai ventuno anni di età. É il contatto con altri ragazzi e con ambienti diversissimi da quelli che ha sempre vissuto ad aprirgli la strada a nuovi orizzonti cognitivi ed è soprattutto l'amicizia con Cesare (interpretato da Nanni Moretti) ad aiutarlo molto nel suo apprendistato alla vita civile. Gli presterà un vocabolario d'italiano e questo segnerà l'inizio del suo riscatto sociale e culturale. I fratelli Taviani aderiscono al libro e alla storia di Gavino Ledda (interpretato da Fabrizio Forte, quand'era piccolo, e da Saverio Marconi in età adulta) con autentica passione e c'è la restituiscono sullo schermo con una pulizia dei suoni della natura e delle immagini nonchè con un'aderenza iconografica coi luoghi e gli stilemi della vita pastorale davvero sorprendente. Credo che la forza del film stia nel sapersi porre in una posizione equidistante tra le parti in causa, di non indurre mai a dare dei giudizi affrettati su chiccessia. Se è vero che si è facilmente portati a immedesimarsi con le pene patite da Gavino, a indignarsi per il fatto che questo ragazzo non ha avuto la benchè minima possibilita di scegliersi un percorso di vita diverso da quello che gli è stato imposto, è altrettanto vero che la posizione del padre (interpretato da Omero Antonutti) ci viene presentata come il frutto di retaggi culturali antichi, come condizioni di vita autoctone difficili da superare, come cose strettamente legate all'isolamento della Sardegna, al suo essere lasciata a se, con la reiterata prosecuzione delle sue usanze ancestrali. "Cosa vuole il governo, che per mandare a scuola il mio primo figlio faccia morire dii fame gli altri", dice il padre di Gavino alla maestra quando lo va a ritirare da scuola. In queste parole (come in quelle riportate in precedenza) c'è tanto l'incapacità,  morale e culturale, di un uomo di emanciparsi da una condizione di vita accettata passivamente, quanto l'impossibilità di sfuggire a un sistema di cose che non sembra dare alternative al fatto che il primogenito dovesse seguire le orme del padre per far fronte alle esigenze primarie della famiglia. Per questo credo che il film, al di là dei suoi contenuti artistici, si ponga anche come un utile documento che ritrae le condizioni di vita di quel periodo. Bellissima è la sequenza in cui tutta la famiglia è in banca. Siamo ormai negli anni cinquanta, molte cose sono cambiate, anche per la famiglia di Gavino che se la passa un pò meglio dopo aver ereditato dei terreni in seguito alla morte di uno zio. Il padre però è rimasto identico, continua a fare il padre padrone e mentre si aspetta di essere ricevuti dal direttore della banca, con la protervia di sempre rende note le decisioni prese al resto della famiglia . Per Gavino ha deciso l'arruolamento volontario nell'esercito per farlo diventare radio montatore. Non sa, non può nemmeno immaginarlo, che questa esperienza segnerà la rottura definitiva col figlio, la fine di una tirannia condotta con la naturalezza di chi in vita non ha saputo concepire altro. É durante l'esperienza militare che Gavino sarà iniziato a nuova vita. É qui che opporrà al silenzio e alla solitudine che hanno caratterizzato gran parte della sua vita l'adagiarsi sereno ai rumori caotici della città, è qui che, in contrasto con la limitatezza del suo sapere, inizierà a studiare, cominciando dalle parole, dai diversi significati che ognuna può avere, a scoprire il potere che ne può scaturire dal loro uso corretto e consapevole. É qui che Gavino scopre la forza liberatrice dei libri. "Padre padrone" è un grande film (premiato a Cannes), con grandi interpreti e uno straordinario Omero Antonutti. Credo sia il migliore dei fratelli Taviani che qui trovano un perfetto equilibrio tra il realismo di una storia autobiografica e il loro, solito (e talvolta eccessivo), afflato poetico.      

 

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Padre padrone - Scena

 

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