Regia di Sara Colangelo vedi scheda film
Ottimo film di Sara Colangelo,intenso, struggente ed emozionante. Bella prova attoriale di Maggie Gyllenhaal.
La protagonista, Lisa Spinelli è una quarantenne maestra d’asilo, che prende molto seriamente il suo lavoro, ogni bambino per lei è una fervida mente da plasmare e coltivare, con le sue differenze, come rileva l’alternarsi di primi piani sui loro visi all’inizio del film. La maestra gira tra i tavoli e spiega come scrivere le lettere dell’alfabeto. La S è un serpente, la T è un tronco d’albero. Fin dalle prime fasi del processo di alfabetizzazione, s’intuisce l’importanza che attribuisce ai richiami grafici e fonetici del linguaggio. Parole, immagini e suoni che, Lisa va a ricercare anche al corso di poesia per adulti che frequenta, vorrebbe nutrirsi di poesia, arte, letteratura per sollevarsi dall’aurea mediocritas in cui vive, e per questo va alla ricerca della creatività. Un giorno, infatti, quasi per caso, s’imbatte in uno dei suoi allievi che improvvisamente, senza motivo, si mette a camminare avanti e indietro e, come in trance, declama versi belli e tristi, per lei questa è un’illuminazione, segno del suo genio in erba: Jimmy ha solo cinque anni, non sa leggere e scrivere, ma riesce a comporre ” con incredibile disinvoltura poesie, è un “enfant-prodige”.Lisa decide così di coltivare il talento del bambino, ignorato dalla famiglia e dalla società, spingendosi però oltre i limiti della sua professione, farà di tutto, troppo, affinché il mondo si accorga di lui e non finisca per farselo sfuggire. O che finalmente smetta di ignorare proprio lei. In questo scarto si propone tutto il senso del film, che utilizzando una sceneggiatura sobria, colora con efficacia il ritratto di una donna disperata. Premiata per la Miglior Regia al Sundance 2018, la regista italo-americana Sara Colangelo sceglie una messa in scena asciutta, ma precisa a mano a mano che la narrazione incede, che gli eventi precipitano, che l’ossessione della protagonista si fa più patologica. Un thriller senza cattivi e buoni, che muove nello spettatore sensibile un sentimento di profonda umanità, verso un personaggio la cui “fissazione”, è enigmatica, va fuori dagli schemi. Quello di Lisa è un personaggio sostanzialmente indecifrabile, mentre sono chiare le frustrazioni di una donna di mezza età, che prova un senso di fallimento per la sua vita professionale e privata, attorno a sé è tutto diverso da come lei vorrebbe, ciò che invece sfugge è la “ratio” che la spinge a compiere azioni cosi “assurde” che la fanno scivolare in un tunnel senza uscita, fino allo scioccante finale. Quanto c’è di altruistico nella battaglia per assicurare un futuro a un bambino particolarmente dotato e quanto sa di crociata personale, in cui il bambino rappresenta un mezzo per un’estrema e vana affermazione di se stessa? Lisa è una persona candida, ma con un lato oscuro. Tuttavia la regia non giudica e suggerisce allo spettatore di fare altrettanto. Non ci sono né accuse, né giustificazioni, ma si prende atto di una sorta di perversione intellettiva, in cui inciampa la protagonista, personaggio doloroso, angosciata e angosciante, di una disperazione commovente, straziante. Colangelo riesce, con la sua regia equilibrata, a mettersi in ascolto, a percepire la sua solitaria e folle disperata ricerca di bellezza. Tuttavia il confine tra bellezza e tristezza è molto sottile, tant’è vero che le due parole possono anche stare bene insieme, come annota il piccolo Jimmy rivolgendosi alla maestra. E «la tristezza durerà per sempre» risponde lei, citando Vincent Van Gogh. Una frase che il pittore avrebbe detto al fratello, poco prima di suicidarsi
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