Regia di Sara Colangelo vedi scheda film
Maggie Gyllenhaal, qui anche produttrice a dimostrazione della convinzione e della bontà del progetto, è strepitosa semplicemente perché si mimetizza nel personaggio, ne acquista intensità e incoscienza, coraggio e sorrisi radiosi, ora meravigliosamente bella per le occasioni, ora preoccupata e svogliata.
La poesia è considerata generalmente una arte difficile e forse per questo ritenuta secondaria, spesso tralasciata in secondo piano tra le attività o gli hobby che ognuno di noi potrebbe praticare. Incontrare un poeta o ancor più una poetessa è come un evento, li si guarda come marziani dotati di un dono raro, da avere o da praticare. Ma quando ti conquista sembra avere dei super poteri e ami la poesia in maniera totalizzante. E spesso il cinema si è occupato di questa meravigliosa dote, difficile da acquisire se non si è provvisti dalla natura: mi vengono in mente – tra i tantissimi – Il postino, il recente Paterson (la mia recensione) o il bellissimo Poetry, che forse, solo per qualche aspetto (le difficoltà di scrivere versi, la voglia enorme di imparare, la dedizione nei tentativi), è quello che più si avvicina al film in questione. Eppure non è solo l’amore per la poesia che rende questo film così speciale, non è per lo meno l’argomento centrale. Piuttosto è una questione mentale, una missione che la protagonista Lisa si pone nella sua vita, pur di portare via dal grigiore quotidiano e dalla vacuità imperante delle vite ordinarie sua e delle persone che la circondano.
Lisa è un’insegnante di una scuola materna (The Kindergarten Teacher, il titolo originale, da cui un insignificante titolo italiano, se non, forse, per una fuga finale): è una donna davvero premurosa e non solo con i bimbi dell’asilo a cui si dedica con passione, ma anche in famiglia, dove i suoi due figli – una studentessa con ottimi risultati scolastici e un giovanotto che mira ad arruolarsi tra i marines, per difendere la Patria – hanno l’età in cui ci si vuole rendere indipendenti e togliersi qualche sfizio ribelle, mentre il marito è il classico uomo da lavoro e divano con cui trascina una vita familiare piuttosto monotona. Lei è felice del suo lavoro e ama la poesia, dove cerca non solo di riuscire a saper scrivere versi apprezzabili ma anche un’evasione dal trantran di tutti i giorni, frequentando un corso specializzato per adulti principianti. Tra i diversi bambini della scuola materna ce n’è uno davvero particolare, un trappolino piccolo piccolo di 5 anni e mezzo, scuro di capelli e di pelle di origine indiana: carinissimo, dolcissimo e con una dote che sa di magico. Ogni tanto, all’improvviso, comincia a passeggiare nell’aula e declama versi di piccole poesie, tra lo stupore e la sorpresa di Lisa. Così, all’impronta. Al piccolo Jimmy, così si chiama, quelle parole vengono fuori spontanee e originali, pregne di sentimenti inattesi per un esserino così minuscolo.
Ecco la scintilla: Lisa capisce e desidera che ciò possa essere una svolta nella sua vita, che, quasi senza volerlo ammettere, è troppo stretta per le sue ambizioni di donna e di velleitaria poetessa. Il rapporto però che instaura con Jimmy diventa troppo ansiogeno ed egoistico, assume le vesti di una patologia mentale, prende forme ossessive inaspettate, insospettendo per via delle eccessive attenzioni morbose persino la collega. Lei non potrà mai accorgersi della trasformazione che attraversa la sua vita, è troppo presa dalla conquista fatta e che deve portare a termine: salvare (ecco il tema principale del film) dalla monotonia di una vita già scritta quel piccolo scricciolo che lei vede come un novello Mozart per farlo diventare veramente un poeta. Per ciò è necessario dargli un’educazione e un’istruzione che Jimmy non potrà mai avere dalla tata che lo accudisce e men che meno da un padre troppo preso dai suoi affari (la madre è come morta, in quanto separata e lontana). Quando il comportamento di Lisa diventa spasmodico e prende una strada non solo pericolosa ma anche passibile di accuse di reati penali la fine è segnata, l’avventura mentale deve terminare, la fuga (lontano da qui) appare impossibile, nonostante che il piccolo Jimmy si accorga di volerle bene, di essersi affezionato. D’altronde non era mai stato trattato così bene.
Adattando il da noi inedito Haganenet; ????? (The Kindergarten Teacher) dell’israeliano Navad Lapid (il film in realtà è un remake, la ottima regista Sara Colangelo fotografa passo passo – tipico atteggiamento di autori indipendenti – ogni minimo movimento della superba Maggie Gyllenhaal, presente dal primo all’ultimo minuto, cogliendone ogni piccolo cambio di umore, ogni minuto di ansia e di tenerezza, di speranza e di delusione. Puntando cioè al cuore del film, che ci parla efficacemente della sensibilità artistica che diventa irrimediabilmente e inaspettatamente la carnefice della situazione. Lisa è una brava donna, anche come insegnante, ma il suo approccio a quello che il destino le ha serbato è completamente assurdo e dannoso, per lei e per Jimmy. Se il film originale israeliano puntava l’attenzione maggiormente sui due protagonisti, facendo la spola tra i due punti di vista, Sara Colangelo preferisce portare l’ambientazione nella New York di oggi e sceglie uno sguardo del tutto femminile e mette in primo piano la psicologia di Lisa, quasi crogiolandosi nei meccanismi bizzarri e umanissimi del suo cervello. Il film, infatti, è essenzialmente lì, anche se l’attenzione dello spettatore devia facilmente lo sguardo sul tenero ragazzino. È innegabilmente un’opera sul ruolo dell’arte nel contesto dell’America odierna, troppo distratta (come peraltro succede in tutto il mondo occidentale) da internet, smartphone e videogames, oltre che dalle continue guerre americane in mezzo mondo.
Maggie Gyllenhaal, qui anche produttrice a dimostrazione della convinzione e della bontà del progetto, è strepitosa semplicemente perché si mimetizza nel personaggio, ne acquista intensità e incoscienza, coraggio e sorrisi radiosi, ora meravigliosamente bella per le occasioni, ora preoccupata e svogliata. Grande interpretazione, anche se rischiava parecchio essendo per buona parte a confronto con il piccolo sorprendente Parker Sevak, perché – come scrivo sempre e come insegnava Vittorio De Sica – a recitare con un bambino si rischia sempre di fare brutte figure. Invece lei vola alto e senza timore, realizzando assieme alla interessante regista una coppia di donne vincenti, che hanno portato a termine un buonissimo compito.
Anna è bella / bella abbastanza per me / Il sole illumina la sua casa gialla / È come un segno di Dio.
Il toro stava seduto nel cortile / Era buio / Ho aperto la porta e sono uscito / Vento tra i rami / Vento tra i rami / Mi ha guardato / Occhi azzurri / Continuava a respirare per restare vivo / Io non lo volevo, ero un bambino / Di sì, di sì comunque.
(Pubblicata su https://michemar.wixsite.com/website)
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