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Sono pazzo di Iris Blond

Regia di Carlo Verdone vedi scheda film

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La recensione su Sono pazzo di Iris Blond

di lamettrie
7 stelle

Bella commistione di comico e sentimentale: non riduttivo, onesto. Riconosce le macerie che arrivano dai rapporti umani, spesso malsani; ma nel contempo riconosce la necessità di tenere viva la speranza, che dev’esser più forte della miseria/limitatezza delle umane realtà.

Il protagonista ha dei limiti, ma anche normali: è buono, simpatico, affidabile. Tanti se ne approfittano, ma lui riesce a vincere quel cinismo che poi può benissimo arrivare, con le continue delusioni della vita.

Sarà anche eccessiva la maschera dell’inetto che il Verdone sceneggiatore pone sul Verdone attore: magari è poco credibile quando non riesce mai ad accendersi una sigaretta; però una sua autenticità il personaggio, italiano medio, ce l’ha. Anche perché è credibile, per quanto la metta sul patetico, e passi anche dalla parte del torto per una certa pesantezza nel vedersi riconosciuti i propri bisogni. In tale senso, apprezzabile la scena inziale in cui non ha parola, per eccesso di gentilezza, rispetto alla fidanzata e all’amico che addirittura l’hanno tradito.  

Tante sono le figure memorabili: la cartomante napoletana; la virtuosa, bella, vecchia cantante belga pazza, con tutto quel che ne segue, di umano amore, e di grottesco; la serietà del Freezer, il musicista stereotipato, tutto freddo come l’immagine impone a chi non può avere un’immagine particolarmente originale.

Fra l’altro, corretta è la denuncia del mondo del divismo musicale: lui, che è la mente, viene scartato; la sua socia, che vale molto di meno artisticamente ma che come zoccoletta è assai spendibile nello star system capitalistico, ottiene invece le classiche occasioni della vita. Quest’ultima poi è interpretata assai bene da una Gerini insopportabile: arrogante, ingrata, opportunista, squilibrata, approfittatrice.

Ma il film si fa apprezzare soprattutto per come mostra la necessità di farsi amare, quasi ad ogni costo, pur di evitare i dolori della solitudine. Una vita sovente ingrata non può che condurre alla disperazione: a meno che non si trovi qualcuno per volersi bene reciprocamente, almeno finché dura. Parafrasando, involontariamente, la pellicola dello stesso Verdone di 9 anni dopo.

La necessità e la difficoltà dell’amore vanno di pari passo con la difficoltà della vita, come loro antidoto: se non nei risultati, spesso frustranti, almeno come aspettativa, inestirpabile.

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