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Summer of '84

Regia di François Simard, Anouk Whissell, Yoann-Karl Whissell vedi scheda film

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La recensione su Summer of '84

di mck
7 stelle

Il piccolo cacciatore di mostri impara a crescere, come tutti (anche se non a tutti è dato di ricevere la visita di un vero mostro), crescendo.

 


Super Dark Times, o: “Tu, Sanguinosa Infanzia/Adolescenza” (Tetralogia 1) - “Summer of '84” di RKSS, ovvero François Simard e Anouk e Yoann-Karl Whissell (Canada, 2018, op. 2a), “King Jack” di Felix Thompson (U.S.A., 2015, op. 1a), “Kid” di Fien Troch (Belgio, 2012, op. 3a), “Ava” di Léa Mysius (Francia, 2017, op. 1a). 

 


Beautification, or: “God, suburbia is so fucked up!”

Diretto a 3 teste e a 6 (o a 3 paia d') occhi dal collettivo RKSS (“Turbo Kid”, 2° cap. in produz.) e scritto a 2 mani (o a 4, se sono ambidestri) dagli esordienti Matt Leslie e Stephen J. Smith, “Summer of '84”, assieme ai di poco precedenti, non dico coscritti ma quasi coetanei, “Super Dark Times” (l'op. 1a di Kevin Phillips, 2017, U.S.A.,ambientata negli anni '90) e “I Am Not A Serial Killer” (l'opera 3a di Billy O'Brien, 2016, GBR, ambientata nel presente), compone un'appropriata triangolazione per rintracciare il growing up al (e del) cinema dagli anni '80 agli anni '10 e “ritorno”.

 


Boys on Bikes.

E i nomi son quelli, dallo Steven Spielberg di “Close Encounters” (e cosa c'è di più ragazzino che Richard Dreyfuss e François Truffat in quel film?) ed “E.T.” sino al J.J. Abrams di “Super 8”,  ai Duffer Brothers di “Stranger Things” e all'Andrés Muschietti di "It" (col 2° cap. in arrivo), passando per “Explorers” (Joe Dante, '85), “the Goonies” (Richard Donner, Steven Spielberg e Chris Columbus, '85), “Invader from Mars” (Tobe Hooper, '86), “Flight of the Navigator” (Randal Kleiser, '86) e "Stand By Me" (Rob Reiner e Stephen King, 1986).
Ed è impossibile stancarsi di rivivere, sempre, la “stessa” storia. Se ben raccontata. Che non è, mai, la stessa. Ma è (pur) sempre - almeno in parte - la nostra.

 


“I'll use my dad's camcorder, film it all. No need to steal anything if I get it on tape. Tape doesn't lie.”

Fotografia di Jean-Philippe Bernier e montaggi di Austin Andrews: soggettive di spalle dal PdV di dio, false soggettive a pr-e/o-cedere, zoom a quadreo fisso e a camera mobile esplorante il set, carrellate e movimenti di macchina ad arco laterali: insomma, John Carpenter e il seminale “Halloween”, complici anche le musiche ça va sans dire, nome proprio fattosi aggettivo qualificativo, carpenteriane di “le Matos” (Jean-Philippe Bernier - si, sempre lui - e Jean-Nicolas Leupi).
Solo due jump-scare (il secondo ripetente il primo), e sganciati da qualsiasivoglia causalità con la progressione della trama, ma non stonanti e anzi funzionali all'atmosfera.

 


BoyHood, ovvero: Uccidere i Mostri.

Gran cast composto dal quartetto di protagonisti della Generazione Post Millennials (Gen Y), aka Z, iGen o Centennials, ognuno portatore sano della propria versione anni '80 - Graham Verchere, il ragazzo della porta accanto (tipo C. Thomas Howell), Judah Lewis, il ribelle con famiglia problematica composta da genitori sulla via del divorzio e fratello maggiore delinquente (tipo Matt Dillon e River Phoenix), Caleb Emery (il ciccione), Cory Grüter-Andrew (il quattrocchi) - e da un Rich Sommer (l'indimenticato Harry Crane di “Mad Men”) in zona Stanley Tucci di “the Lovely Bones”, m'ancor persin più calibrata è la sua interpretazione. A chiudere, Tiera Skovbye, ed è un bel chiudere.

 


Il piccolo cacciatore di mostri impara a crescere, come tutti (anche se non a tutti è dato di ricevere la visita di un vero mostro), crescendo.

* * * ¾ - 7 ½ 

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