Regia di Amir Naderi vedi scheda film
Un solitudine metropolitana che prende un'aria disperatamente vera, da coinvolgerci come una spirale senza freno, una ricerca fra Aspettando Godot e Odissea, un viaggio nello sconforto di un intellettuale che cerca di aggrapparsi ad una realtà che lo respinge da ogni verso. La disperazione che va in crescendo e che cerca sempre il rispetto dei propri affetti personali, l'attaccamento ad un amico che, forse, non lo porterà da nessuna parte, ma a cui si è impigliato in maniera patologica più come un punto di riferimento, che una speranza. Una regia asciutta precisa, che mi fa riappacificare con il cinema iraniano, molto spesso sopravvalutato; un conoscitore della mancanza di comunicazione metropolitana, davvero di una sensibilità che agghiacciante, ma vera. Un viaggio agli inferi quotidiani che spesso, almeno in parte, ci dobbiamo riconoscere, anche se la mattina quando ci alziamo dobbiamo darci una spinta necessaria per affrontare la giornata., qui il regista la spinta la dà nel finale, e il significato di una piccola accortezza provvidenziale ridà la fiducia ad una persona ormai fuori dal ciclo umano, che fino ad allora lo aveva avvolto. La regia e sceneggiatura riesce a dipingere perfettamente il coro dei senza tetto, dei disperati, con uno sguardo documentaristico ineccepibile, contrapponendolo con l'aria famosa della Turandot, non in maniera ironica, ma sottolineando una realtà in contrapposizione con una vita artificiosa che ci opprime e ci fuorvia.
Una storia che documenticaristicamente ci porta in un viaggio intimo di rabbia metropolitana
Una regia davvero precisa che si forma andando avanti e che poi compone un discorso ben preciso sulla nostra società
Un percorso attoriale interessante, che si adatta alla visione documentaristica del caso, ma che dà le forte sensazioni che la storia compone.
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