Regia di Faiza Ambah vedi scheda film
Religion Today Film Festival in Tour.
Una vivace ragazzina balla e canta al ritmo di un'incalzante musica pop mentre scuote la folta chioma riccioluta. Poi d'un tratto si ricompone e avvolge sul capo e sulle spalle il suo hijab, prega secondo le istruzioni di una videocassetta, ripiega il tappeto, ed esce di casa seguita dallo sguardo del padre ammutolito. "È una mia scelta" dice Mariam al genitore visibilmente corrucciato. Inizia così il film ambientato nei sobborghi di Parigi all'alba dell'entrata in vigore della legge del 2004 che abolisce ogni vessillo di appartenenza religiosa nelle aule scolastiche. A Mariam, però, non interessa. Lei è, più che mai, determinata ad iniziare il primo giorno di scuola con il velo islamico sulla testa. Questo film, in soli 45 minuti, invita lo spettatore a porsi una raffica di domande a cui, onestà intellettuale vuole, è impervio dare risposte, che non siano faziose. Personali considerazioni se ne possono fare, questo sì. La prima che mi sovviene è che la Francia si promuove al mondo come stato laico, figlio della rivoluzione, perciò ha il diritto di esprimere questo suo modo di essere. E, poiché la legge (giusta o sbagliata che sia) è uscita da una compatta maggioranza in entrambe le camere del Parlamento, è espressione del volere popolare, nonostante la giovane Fatimata insinui dei dubbi nell'insegnante sull'opportunità di una regola che impedisca alle studentesse di indossare il velo. Altra annosa e noiosa questione sollevata è che i cittadini stranieri dovrebbero comunque rispettare le leggi del paese che li ospita. A fare l'avvocato del diavolo, invece, mi sentirei di dire che la legge voluta da Chirac, per evitare il proselitismo militante, non è servita a frenare la smodata crescita degli attentati di matrice islamica e del terrorismo sul suolo francese, per cui colpire la comunità islamica in questi termini è servito solo ad alimentare il radicalismo più estremo.
Mariam è scritto e diretto dell'ex giornalista del Washington Post e di Associeted Press, nonché prima donna giornalista saudita, Faiza Ambah. Naturale dunque la sua predisposizione verso l'approfondimento giornalistico, ma non si può dimenticare che ci troviamo di fronte ad un'opera di finzione e perciò non mancano gli elementi lirici e poetici nel racconto di Mariam e delle altre ragazze che lottano, non solo, e non tanto per difendere la propria immagine religiosa a scuola ma, per difendere il proprio modo di essere, di pensare e di agire. Ambah ci suggerisce che le donne hanno il diritto di esporre le proprie opinioni ma che al contempo non vengono ascoltare. L'insegnante e il preside non chiedono alle ragazze, impossibilitate ad entrare in classe, quale opinione hanno della situazione. Non chiedono quale significato ha, per loro, indossare o meno il velo. Non c'è dibattito ma solo imposizione. Mariam maturerà la scelta di indietreggiare nei confronti della scuola, ma riuscirà comunque ad imporre la propria adolescenziale visione della vita, anche grazie al confronto con l'amica Sophia che, come una sorta di laico "Grillo Parlante", la sprona a riflettere e a progredire nel suo liberante processo di autodeterminazione. Le due amiche ballano la danza del ventre, parlano di sesso e ragazzi, si confidano un'inusuale esperienza di fede nelle scene più intime e rivelatrici dell'universo femminile, quello che con semplicità e maestria Faiza Ambah rappresenta arrivando garbatamente al nocciolo della triste questione: alla fine sono sempre le donne a rimetterci poiché non possono scegliere. A scegliere per loro ci sono i padri, i mariti, le istituzioni, le leggi. Mariam è un'opera che possiede la poesia del cinema e che trasuda l'impegno del giornalismo laico e civile.
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