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Beach Bum - Una vita in fumo

Regia di Harmony Korine vedi scheda film

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La recensione su Beach Bum - Una vita in fumo

di Kurtisonic
4 stelle

La verità è che non c’è più nessuna gioia. O peggio ancora, sembra esserci un gigantesco accordo sottaciuto per il quale fingiamo che ce ne sia ancora, di gioia. (David Foster Wallace)

Matthew McConaughey

Beach Bum - Una vita in fumo (2019): Matthew McConaughey

Divertente, è una delle definizioni più ricorrenti che si trova tra gli svariati commenti a questo film di Harmony Korine sfornato sette anni dopo Spring Breakers. Dovessi aggiungere un altro aggettivo altrettanto ingiustificato a  Beach Bum Una Vita In Fumo, ci metterei quella di “originale”. Siamo nella Florida dei ricchi, un improbabile poeta beat fuori tempo massimo, si trastulla con stravizi di ogni tipo, si crogiola nell’animare la vita notturna locale sfruttando la sua fama acquisita nel tempo, e soprattutto sperperando i soldi della ricchissima moglie. Quando gli verranno tagliati i fondi, il genio dovrà suo malgrado rimettersi a lavorare. Moondog, il suo nome, interpretato da un allucinato Matthew McConaughey, più che incarnare un personaggio eversivo e iconoclasta, rappresenta quello dell’idiota  funzionale al sistema, contornato da una finta trasgressività che vuole farci avvicinare ad una malinconia interiore e distruttiva di un personaggio che più che altro ci appare come un clownewsco e logoro riferimento dell’artista maledetto a cui tutto si concede. Se un celebrato autore indie come Korine si nasconde dentro uno  stoner movie che più classico non si può,  Beach Bum ci appare come una triste metafora sul successo, lo scotto da pagare ad un talento non sempre cristallino che ha un disperato bisogno di avere sempre di fronte un pubblico gaudente per il quale esibirsi. Il film si regge sull’esagerazione, sull’autodenuncia del decadimento condito peraltro da qualche raro momento di buona costruzione visiva, per poi farci ripiombare in pieno riflusso ideale in nome di una libertà individuale assoluta che dovrebbe stimolare l’adesione critica. Lontano anni luce dal cinismo disturbante di Gummo(1997), svuotato dai turbamenti dell’immaginario pop di Mister Lonely(2007),  Beach Bum si riallaccia nel suo discorso meta ideologico al delirio di culi e tette di Spring Breakers(2012) che però conteneva un riuscito discorso su di una visione di mondo fallace e alla deriva, nel quale emergeva in maniera netta e determinata un carico emotivo e dolente rivolto alle nuove indifese generazioni. In Beach Bum siamo in un terreno molto più discutibile, dove la rivendicazione di una piena libertà deve avvenire dentro gli stessi stilemi sociali che la condizionano. Troppo esile la storia, e il protagonista che indurrebbe a deragliare fuori dagli schemi risulta fastidiosamente in linea con il mondo che vorrebbe farci capire che disprezza. Tutti i personaggi, uno ad uno piombano negli stereotipi più scontati, analizzandoli singolarmente denunciano tutti un punto di caduta dentro la convenzionalità rozza della sceneggiatura. Questo sarebbe l’urlo di ribellione, la rottura verso un mondo che nel momento in cui percepisce il talento artistico è solo  in grado di soffocarlo con la bulimia materiale, di cui il solo godimento può essere la risposta efficace? Perla finale, nel tripudio di finta intellettualità ci scappano anche dei versi del poeta che ritrova la sua vena creativa, ultimo colpo basso all’autostima dello spettatore. Ma c’era proprio tanto da ridere?  

 

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