Regia di Harmony Korine vedi scheda film
“That shit’s not for me, man! I mean – fuck, man! – so many people trip themselves when they’re running downhill. Life’s hard enough, why would you fuckin’ wanna do that? I mean – fuck! – we’re here to have a good time! I just wanna have a good time until this shit’s over, man. This life gig’s a fuckin’ rodeo and I’m gonna suck the nectar out of it.”
Key West, l’isola più a sud-ovest dell’arcipelago, Florida: Moondog (Matthew McConaughey) è uno stravagante poeta che si aggira tra i fumi dei club nel buio delle notti e si concede gite in barca contornato da belle ragazze sotto il sole splendente. Moondog si gode il presente, ma vive soprattutto del suo passato: compone svogliatamente con una vetusta macchina da scrivere e, ancora acclamato, recita vecchi versi tratti dalla sua unica raccolta di poesie, scritta in gioventù e incentrata principalmente sul suo membro.
Non riesce a campare di rendita, beninteso: quella veramente ricca è Minnie (Isla Fisher), la mogliettina da cui Moondog fa prontamente ritorno dopo le sue escursioni a Key West. Minnie ha una notevole sintonia con l’estroso marito, ma, in sua assenza, se la spassa comunque col miglior amico (e spacciatore) di lui, Lingerie (Snoop Dogg), cantante e cerimoniere dell’imminente matrimonio di Heather (Stefania LaVie Owen), la figlia 22enne di Moondog e Minnie.
È il gran giorno del matrimonio nella lussuosa villa sul mare di Minnie: Moondog si presenta in ritardo e con un’imbarazzante entrata in scena delle sue, ma la festa può iniziare e Lingerie mette a sua disposizione una rara, meravigliosa e psichedelica pianta di marijuana importata direttamente dalla Giamaica. La nottata, trascorsa all’insegna di canne, sbornie e flirting, si conclude in maniera tragica e la vita di Moondog si ritrova di fronte ad un bivio: rimettere la testa a posto e pubblicare un nuovo libro per avere accesso ad un’eredità, oppure continuare la sua ricerca dell’appagamento immediato dei sensi…
“That’s what «The Beach Bum» is about. It really is about the idea of freedom in the moment, living in the moment and an idea of – at least his [Moondog] character – even though there’s a kind of moral ambiguity, it really is about seizing a kind of joy and living without formal restraints. […] He’s always at ease with himself and he’s always trying to find the poetry of life.” [Harmony Korine]
Ben sette anni dopo il suo (in)atteso ed irriverente ritorno sulle scene con “Spring Breakers”, Harmony Korine dà vita ad un nuovo e coloratissimo lungometraggio, sempre ambientato nelle sfarzose e dissolute lande della Florida: “The Beach Bum”. Dichiaratamente appassionato del duo comico Cheech & Chong – pilastri della controcultura “cannabinoide” anni ‘70 e genitori della cosiddetta stoner comedy – Korine scrive e dirige il suo film più leggero e, quantomeno negli intenti, divertente. “The Beach Bum” ritrae quella che il regista ha definito a più riprese “cosmic America”: uno scenario lussureggiante in cui si muove senza direzione una serie di personaggi assurdi, dediti ad un edonismo a base di Pabst Blue Ribbon, marijuana e donne, privi di qualunque ambizione e senso di responsabilità. Moondog, autore molti anni prima di un libro di poesie di successo, vive una (im)maturità all’insegna del godimento istantaneo e della privazione di qualunque forma di pensiero di spessore. Ciononostante, viene considerato un genio.
Maliziosamente o meno, non è così difficile immaginare lo stesso Korine, che peraltro ha vissuto in Florida e bazzicato l’isola di Key West negli ultimi anni, in uno scenario del genere; anzi, si può addirittura intravedere una linea di continuità fra Moondog e il suo autore, almeno nella misura in cui entrambi evitano accuratamente di misurarsi con le aspettative che i fattori esterni (agenti, fan, convenzioni sociali) ripongono in essi.
L’immaginario di “The Beach Bum” prosegue in sintonia estetica e cromatica il lavoro splendidamente esposto in “Spring Breakers”, grazie anche al contributo del medesimo direttore della fotografia Benoît Debie. Il cinema di Korine ha sempre vissuto di linee narrative discontinue (fluide, come le definisce lui da qualche tempo) e di successioni di immagini potenti e, in particolar modo con gli ultimi due film, l’impatto visivo è ricercato soprattutto tramite il colore. Ecco dunque che “The Beach Bum” offre caterve di tramonti, vestiti sgargianti, ambienti esotici e psichedelici dominati da palette di colori esuberanti (viola, giallo, rosa, blu mare). Ancora una volta, l’accostamento di queste immagini alla colonna sonora non originale crea effetti notevoli: tra i vari brani spiccano The Cure, Van Morrison, Average White Band, Gerry Rafferty, senza contare le canzoni degli iconici co-protagonisti Snoop Dogg e Jimmy Buffett. Ma il pezzo forte è il classico soft jazz “Is that all there is?” di Peggy Lee, “protagonista” del momento clou del film alla mezz’ora. Di questo non c’è da stupirsi: con questi mezzi, nel suo film precedente Korine aveva trasformato persino una melensa ballad come “Everytime” di Britney Spears in una piccola gemma audiovisiva.
Se il talento del 47enne ormai non più enfant terrible non è in discussione, non credo che si possa annoverare “The Beach Bum” fra i suoi migliori risultati: il personaggio di Moondog è palesemente negativo ed esecrabile, ma in qualche modo il tono del film fa sì che si simpatizzi per lui, non fosse altro per la sua ideale contrapposizione ad un’idea di serietà, di autocritica, di oppressione. “The Beach Bum” riesce tutto sommato a non essere una celebrazione del suo protagonista in senso stretto, ma rischia di andarci parecchio vicino, mancando di quella potenza urticante e provocatoria che solitamente pervade i lavori di Korine. Come se stavolta avesse davvero pensato solo a divertirsi e ad applicare la sua estetica bizzarra, inscenando una rivisitazione strafatta del vaudeville senza alcuna venatura malinconica. Prigioniero della sua costruzione, nella seconda parte il film si trascina dietro una sarabanda di personaggi folli e rimane invischiato in un finale deboluccio, forse persino convenzionale e classicamente narrativo.
Nondimeno, rimane un film godibile almeno per il cast a dir poco sui generis: se Jimmy Buffett interpreta se stesso e Snoop Dogg una sua versione vagamente rivisitata, parecchi dei personaggi di contorno riescono a catturare l’attenzione in poco tempo: Zac Efron (altra stellina adolescenziale della Disney dopo le folli spring breaker) sfoggia una barba a mo’ di bruciatura di toast, mentre il comico Martin Lawrence torna sulle scene dopo diversi anni nei panni di un’improbabile guida marittima. Jonah Hill e soprattutto Isla Fisher – ovvero la benestante signora di Moondog – duettano di gran mestiere con l’ormai certamente valido Matthew McConaughey, indiscusso, divertito, onnipresente e impensabile protagonista. Un personaggio forse fin troppo amato dal suo stesso creatore, che non lascia il segno come di consueto.
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