Regia di Harmony Korine vedi scheda film
Come già in “Spring Breakers”, Harmony Korine si aggrappa alla seduzione delle immagini, ad una forza visiva che è soprattutto potere inebriante di una messa in scena rigogliosa e debordante. Tutta la prima parte sembra quasi una “Dolce Vita” nella Florida più lussuriosa e lussureggiante, dove regnano vanità e decadenza celate dietro il tragicomico. E non solo funziona, ma incanta, seduce e a tratti ci trascina nell’estasi.
Ma andando avanti ci accorgiamo presto che il film si comporta alla stessa maniera del suo disprezzabile protagonista: come lui arranca senza meta, ideali o scopo tra alcol, droga e marijuana, attorniato da una corte di barboni che gli fanno da deprecabile eco. Qualora però prendessimo “The Beach Bum” come mero pedinamento di un personaggio oltre il limite, icona-cult imposta a una società che non ne riconosce il genio, risulta comunque davvero difficile trovarsi in sintonia con il suo modus operandi (Moondog picchia un vecchio in sedia a rotelle e brucia milioni di dollari per la bellezza del gesto, o forse per mera esibizione di anarchia) e risulta altresì difficile divertirsi davvero durante questo trip così eccedente e anticonvenzionale.
Rimane l’amaro in bocca alla fine di “The Beach Bum”, che assomiglia al racconto apocalittico di una società sull’orlo del tracollo, ma che passo dopo passo si rivela privo di racconto quanto di una vera e propria critica sociale. Un film in cui tutto è sperpero, spreco e dispendio di risorse e mezzi, una festa dell’eccesso da consumarsi di fronte al tramonto, una giostra che attrae e reprime nella stessa misura.
Pioggia di camei irrilevanti (Zac Efron, Jonah Hill e Martin Lawrence, quest’ultimo protagonista di una delle trovate più basse e deprecabili del film), colonna sonora da urlo. Un trash auto consapevole che elegge il nonsense e il grottesco a cifre stilistiche. Prendere o lasciare.
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