Regia di Matteo Garrone vedi scheda film
Opera potentissima di Garrone , che racconta ed emoziona attraverso immagini che non si dimenticano.
La storia del canaro della Magliana
Garrone si ispira più o meno liberamente ad un terribile fatto di cronaca nera avvenuto a Roma nel 1988 per raccontare un cinema che guarda affascinato all'illusione della realtà. La scelta precisa di una messa in scena che tende al neorealismo é insieme assunto e negazione imprescindibile: le menzogne generate dai media sul delitto del "canaro" sono state così lusinghiere da illudere ancora oggi: l’orrore ci affascina e lo guardiamo, ci vogliamo credere anche se sappiamo che non è così.
Garrone non filma l'orrore presunto, ma solo la "deludente" realtà, per chi ha visto Dogman aspettandosi un "torture porn". Lo sguardo é impietoso ma lucidissimo, cede poco in parzialità, ed è lontano dallo spettacolarizzare la violenza. La regia è pacata, invisibile , chirurgica, e contribuisce molto ad immergere questa storiaccia in un limbo, attraverso una location spettrale di cui non si menziona il nome ( in realtà siamo a Castelvolturno), un non luogo che diviene simbolo della natura umana, e che assiste senza empatia allo sfacelo della vita.
Capace di assoli di brutale disperazione, Marcello Fonte è lo straordinario protagonista (così come Edoardo Pesce), la cui discesa agli inferi è filmata senza pietà da Garrone. Un reietto che cerca disperatamente l'approvazione della gente e che rimarrà invece dalla gente deluso. Perché nessuno aiuta nessuno e perchè indietro non si torna.
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