Regia di Matteo Garrone vedi scheda film
Film (quasi) perfetto: potente, schietto, claustrofobico
Un film dove parlano le immagini potenti dei luoghi (con una fotografia straordinaria), dove i cani sono gli unici che sembrano avere una cognizione "razionale" dei fatti, un conteso dove si muovono gli “ultimi”, dove la sopraffazione detta le regole della convivenza. Garrone mette in scena un’opera schietta, che usa la chiave del surrealismo per fondere le immagini con dialoghi fatti di parole tagliate e sospiri. Del protagonista si è già detto tutto, semplicemente perfetto, trionfatore a Cannes non a caso. E' l'unico che tiene in vita un briciolo di umanità in questo squallore, l'unico che crede ancora nella dignità e nel senso di un'amicizia (che sarebbe razionalmente da scacciare). Ma per essere coerente fino in fondo deve fare quello che non avrebbe mai voluto fare: consumare una vendetta terribile. E qui le metafore abbondano, fra gabbie per cani e "trionfi" (un cadavere) da esibire per riconquistare gli amici traditi. Però è troppo tardi, tutto è ormai finito, la vendetta pone semplicemente fine ad una catarsi senza sbocchi. Unica pecca del film, a tratti diventa ripetitivo quasi ossessivo, il chè non fa che accrescere la dimensione claustrofobica che lo caratterizza.
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