Regia di Matteo Garrone vedi scheda film
Matteo Garrone si conferma con "Dogman" uno dei migliori registi italiani in circolazione. Fa piacere sentire di non essersi sbagliati quando salutai "Gomorra" come un capolavoro e uno dei più importanti film italiani del nuovo secolo. Garrone torna nel nuovo film al suo territorio prediletto, storie di poveracci che devono vedere come sbarcare il lunario fra mille difficoltà e un ambiente ostile dove la violenza regna sovrana, ma torna anche alla sua ambientazione prediletta, quella del Villaggio Coppola a Castel Volturno dove aveva già girato "L'imbalsamatore" e alcune scene di "Gomorra". "Dogman" è un film (neo) neorealistico, ma anche un evidente omaggio alla lezione pasoliniana, con il mite protagonista Marcello che mi ha ricordato soprattutto il protagonista di "La ricotta", Stracci, che moriva per indigestione mentre girava la scena della crocifissione come ladrone buono. Garrone si avvale di una sceneggiatura ben strutturata nel suo crescendo drammaturgico, essenziale ma allo stesso tempo precisa nel disegno dei caratteri, ma quel che fa compiere un salto di qualità al film è proprio la forza delle immagini, con una fotografia del danese Nicolaj Bruel capace di restituire con la luce piccole sfumature inedite dei personaggi e di un ambiente squallido e opprimente, rappresentato quasi sempre in maniera cupa e desolata. Per la direzione degli attori, anche qui Garrone si rifà esplicitamente al Neorealismo, con il protagonista Marcello Fonte premiato a Cannes diretto come in un film di Vittorio De Sica; adesso bisognerà vedere se questo interprete che qui risulta incredibilmente giusto per la parte riuscirà a proseguire una carriera successiva o sarà solo una meteora alla Lamberto Maggiorani. Oltre a Fonte, ottimo anche Edoardo Pesce nel ruolo di Simone, e buone prove dei caratteristi fra cui si rivede Adamo Dionisi che era stato lo sgradevole zingaro di "Suburra". E' un cinema impregnato di una religiosità laica, alla Pasolini? Personalmente direi di sì, anche se Garrone non sottolinea mai troppo questa dimensione, neppure nel finale onirico che risulta coerente con il percorso autodistruttivo del personaggio. Fa piacere che la critica italiana abbia salutato con molti elogi questo film di uno dei nostri maggiori talenti contemporanei, mentre la critica americana da Cannes è stata molto più riservata. E una menzione d'onore anche al sound design, come sempre fondamentale in Garrone e ricco di preziose integrazioni al contenuto delle immagini.
voto 9/10
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta