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Kursk

Regia di Thomas Vinterberg vedi scheda film

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La recensione su Kursk

di pazuzu
4 stelle

La tensione claustrofobica ben costruita nella scena delle esplosioni e nelle successive ambientate in fondo al mare (bellissima quella con in due uomini in apnea) tende a smorzarsi ogni volta che la telecamera riemerge.

 

Nell'agosto del 2000, a meno di nove anni dallo scioglimento dell'Unione Sovietica, la Russia era un colosso dai piedi d'argilla, che a causa delle difficoltà economiche aveva svenduto, o manutenuto pessimamente, i pezzi migliori della sua flotta navale. L'elemento di punta della stessa era il sommergibile K-141, detto Kursk, che a dieci anni dall'ultima esercitazione fu mandato in acqua per non riemergere mai più, a causa delle esplosioni ravvicinate di due dei missili che portava nella propria prua. Mentre la maggior parte dei membri dell'equipaggio morì probabilmente sul colpo, altri 23 rimasero vivi ma imprigionati in un compartimento nella poppa, con l'acqua che premeva per entrare e l'ossigeno destinato a finire, a cento metri di profondità nel Mare di Barents. Nei nove giorni successivi, con il mondo alla finestra, la marina russa non riuscì ad agganciare il relitto a causa dello stato fatiscente in cui versavano i già scarsi mezzi di soccorso di cui disponeva, e ciononostante rifiutò le offerto di aiuto di diversi paesi stranieri, abbandonando quegli uomini al loro destino.

 

 

Partendo da un libro del giornalista Robert Moore (A Time To Die: The Unltold Story of the Kursk Tragedy) tradotto in sceneggiatura da Robert Rodat (candidato all'Oscar per Salvate il Soldato Ryan), Thomas Vinterberg omaggia la memoria delle vittime di questa tragedia con un film che al lato storico e catastrofico accosta quello sentimentale e intimista, dando ampio spazio ai rapporti umani e familiari (temi a lui cari da sempre). A tal scopo, dopo aver aperto il film mostrando il comandante del compartimento in quelli che saranno tra gli ultimi momenti di gioia trascorsi con il figlioletto e la moglie incinta, passa ai preparativi e ai successivi festeggiamenti del matrimonio di un altro dei marinai, focalizzando l'attenzione sulla clima di solidarietà reciproca che li unisce. Paradossalmente, è però proprio su questo versante teoricamente più vicino alle corde del regista che Kursk vive i suoi momenti peggiori, eccedendo nelle melensaggini e tendendo a fornire delle future vittime un ritratto tanto eccessivamente bonario da risultare respingente.

 

 

Ed anche andando avanti con il racconto, la tensione claustrofobica ben costruita nella scena delle esplosioni e nelle successive ambientate in fondo al mare (bellissima quella con in due uomini in apnea) tende a smorzarsi ogni volta che la telecamera riemerge, perché da quando le mogli chiedono notizie sbattendo sul muro di gomma delle autorità russe, l'immobilità che ne consegue si riflette inesorabilmente sul racconto, non essendoci a controbilanciarla un coinvolgimento emotivo mai guadagnato perché mendicato furbescamente tramite i mezzucci di cui sopra.

 

 

Inoltre, e non può essere solamente una nota a margine, nonostante il film di Vinterberg possa apparire duro nei confronti degli ufficiali russi in quanto gli riconosce di fatto la responsabilità di aver sacrificato 23 vite umane per evitare allo Stato una umiliazione politica internazionale, in verità è reticente e sa bene di esserlo, perché la conferenza stampa messa in scena durante la quale una moglie che inveiva disperata chiedendo di accettare gli aiuti dall'estero fu avvicinata da due uomini con in mano una siringa e sedata, è avvenuta veramente; peccato però che a tenere quella conferenza non fu un 'ammiraglio' (cui di fatto lo spettatore è portato ad accollare la responsabilità maggiore), ma nientemeno che il primo ministro, ovvero Vladimir Putin, mai neanche nominato in quasi due ore di pellicola, tornato oltretutto comodamente dalle proprie vacanze estive con 6 giorni di ritardo dal dramma. Lo Zar, sicuramente, avrà apprezzato l'opportuna dimenticanza.

 

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