Regia di Valeria Golino vedi scheda film
Matteo (Scamarcio) è un quarantenne omosessuale pieno di vita, con una posizione professionale invidiabile, tanti amici debosciati, una passione per la cocaina e per l'arte classica e un'enorme casa nel pieno centro di Roma. È lì che va a stare, su sua iniziativa, Ettore (Mastandrea), fratello che più diverso da lui non potrebbe essere: schivo, malinconico, un figlio e una separazione alle spalle, un lavoro da insegnante alle scuole medie. Ettore deve fare i conti con una malattia che gli è stata venduta come una cisti, ma si tratta di un tumore al cervello per il quale suo fratello vuole le cure migliori tenendolo all'oscuro del dramma reale che si prospetta.
A cinque anni di distanza dall'ottimo Miele, Valeria Golino torna dietro la macchina da presa con un film che ancora una volta parla di malattia e di morte. Dall'altra parte della cinepresa colloca il suo ex compagno di vita Riccardo Scamarcio, che le regala una prestazione strepitosa, vitalissima, con la quale snocciola un infinito caleidoscopio emotivo. Anche se divorato dall'attore pugliese, il film trova nell'arpeggio di sentimenti sul difficile rapporto tra i due fratelli la sua nota più intonata, ma non arriva mai a un acuto, a una scena madre in qualche modo memorabile, capace di far impennare il film da un registro a tratti monocorde.
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