Regia di Michael Apted vedi scheda film
Il romanticismo ed il rimpianto avvolgono prima e trasudano poi da "Chiamami aquila" per il semplice fatto che questo film rappresenta a tutt'oggi la testimonianza in immagini del grandissimo spessore attoriale racchiuso nel cuore e nell'anima di John Belushi, resterà infatti la sua unica caratterizzazione di un personaggio normale ascrivibile al nostro mondo e non a quello della fantasia o del demenziale a cui diede vita in tutti gli altri film in cui comparve prima della drammatica ed improvvisa scomparsa, è innegabile che se Belushi non avesse accettato di interpretare il cronista rompiscatole Ernie Souchak avremmo sempre avuto il dubbio se le sue capacità recitative potessero essere adatte solo a ruoli sovraccarichi di comicità folle come il Bluto visto in "Animal house" e invece è bello poterlo ricordare anche e soprattutto in un ruolo brillante e ricco di aspetti caratteriali così condivisibili ed umani come l'orgoglio, l'ostinazione, l'amore, di conseguenza c'è il rammarico di non poterlo vedere in altri film dal tono simile a questo con cui sarebbe certamente proseguita la sua carriera.
La storia si sviluppa su una sceneggiatura perfetta stesa con tono e ritmo dall’impagabile Lawrence Kasdan nella quale sviluppa fin da subito il contrasto fondamentale fra la vita urbana in una Chicago tentacolare e quella ricca di aria pura nelle montagne del Colorado ma badate bene entrambe le locations son popolate da animali feroci, anche se quelli di città non hanno il pelo irto del puma possiedono comunque artigli pericolosamente esplosivi con cui deve misurarsi il protagonista Ernie Souchak che viene esiliato dal suo capo redattore proprio a causa dei contrasti scomodi che sta incrociando con il politicante dalle mani luride Yablonovitz.
Il nuovo incarico per il nostro eroe dalla penna laser che fa più danni di un chirurgo con il morbo di Parkinson è intervistare Nell Porter, una esperta ornitologa che vive solitaria in un cottage ubicato fra le vette più impervie del Colorado dove studia e protegge la vita dell’aquila calva ormai a rischio di estinzione, la ragazza è di quelle che colpiscono al primo sguardo per aspetto e personalità e Blair Brown è assolutamente deliziosa nell’interpretarla sciorinando un concentrato di umori che ha fatto colpo su di me figuriamoci sul maldestro Ernie che però fra una bastonata alla botte ed una al cerchio trova la strada per farsi apprezzare da Nell con la sua scanzonata simpatia e fra i due sboccia l’amore.
La parte fra le montagne rocciose è sicuramente quella più memorabile del film e Apted dimostra di saperci fare mescolando tecniche documentaristiche con cadenze da commedia classica e cosa ancor più importante gestisce con grande sensibilità il rapporto che lega animale e ambiente, emblematica la scena in cui Blair Brown ormai trasferitasi in città per amore non riesce a trasfigurare la sua passione per le aquile dal manto bruno come i tronchi della boscaglia così rare e pure nei piccioni grigi e repellenti come il cemento asettico ed opprimente che la circonda, è forse proprio in questo frangente che realizza come il suo posto sia altrove, per il resto “Chiamami aquila” è una commedia romantica irresistibile in cui la descrizione della ripresa professionale di Souchak scatenata da Yablonowitz dopo il precipizio alcolico di chiara matrice sentimentale è solo un espediente per portare avanti la storia e strizzare l’occhio al sempre efficacissimo caso Watergate così caro alla generazione proveniente dagli anni settanta, quello che importa ad Apted è descrivere un sentimento imprevedibile che unisce e sconvolge quando meno te lo aspetti anche due soggetti che non sembrano avere molto in comune mentre come ben spiegato da Nell Porter alla sua conferenza in risposta ad una precisa domanda di Ernie le aquile hanno un modo molto rischioso di far l’amore: si inseguono e si studiano ad ali spiegate per un breve e lunghissimo periodo, poi si avvitano e si amano precipitando fino a rischiare di schiantarsi al suolo per poi separarsi a pochi metri da terra e ripetere il tutto.
Il testamento di Belushi grazie al quale dimostrò di essere un attore capace di far sorridere e commuovere senza andare oltre i confini della figura terrena approdando nel territorio del demenziale che aveva segnato l'inizio della sua folgorante carriera.
Direi che è deliziosa e alla sua maniera molto attraente senza forme da montagne russe ma con il fascino della donna matura e passionale.
Parte di contorno molto efficace e per chi non lo avesse riconosciuto è il "Pilone" di Porky's.
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