Regia di Luis Buñuel vedi scheda film
Primo lungometraggio vero e proprio di Bunuel, "L'age d'or" resta un film-scandalo degli anni Trenta che fu proibito per interi decenni. Come in "Un chien andalou" trionfa la poetica surrealista del primo Bunuel, con un ulteriore attacco alle istituzioni borghesi, ancora più veemente, e una rappresentazione del desiderio sessuale che all'epoca era certamente scioccante e inedita (si pensi alle immagini della donna che succhia il piede di una statua, molto osé per quel periodo). Il film è certamente originale nel linguaggio e procede per folgorazioni audiovisive come il precedente cortometraggio, ma a tratti può risultare anche eccessivo: se si accettano sberleffi anarchici e cattiverie disseminate lungo il racconto con tempismo (si pensi al giardiniere che spara al bambino per futili motivi), la rappresentazione del Cristo che esce dal Castello delle 120 giornate di Sodoma appare abbastanza gratuita, messa li senza una vera motivazione narrativa, oltre che sacrilega per i cristiani. Insomma un film importante che mantiene intatta la forza espressiva delle sue invenzioni, ma anche un'opera volutamente indisciplinata che non raggiunge la genialità complessiva di altri capolavori del cinema delle origini. Fra gli attori quello che più "recita" è sicuramente Gaston Modot, gli altri sono non professionisti. Il documentario sugli scorpioni all'inizio è uno dei tocchi più dissonanti in un'opera di grande libertà formale dove la trama è solo abbozzata.
Voto 8/10
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