Regia di Luis Buñuel vedi scheda film
Per Buñuel il decoro dell'alta società ed il lustro delle grandi tradizioni storiche sono soltanto i colori ingannevoli di una pianta saprofita, le cui radici affondano nell'humus della carne selvatica e nella ribollente pozza dell'istinto, che è sempre violento ed un po' folle. Il suo improvviso irrompere nella quiete delle convenzioni crea un effetto dissacrante e surreale, attribuendo una natura animalesca anche alle icone più nobili e venerate, dalle sculture neoclassiche alle immagini religiose. Ciò che è vivo è fondamentalmente sporco e disarmonico, come la vegetazione incolta, e la decenza è solo una momentanea copertura di facciata, paragonabile all'effimera eleganza di un abito da sera. La poesia dell'arte è solo languore che si scioglie in fango, la passione solo voracità edonistica e disumanizzante. Il mondo terreno è una cruda e orgiastica commistione di esseri viventi, in cui la mucca può essere un arredo da camera da letto, il guardiacaccia scambiare il proprio figlio per una preda, il maniaco sessuale assomigliare a Gesù Cristo. Gli accostamenti sono estremi, ma tutti possibili, e mettono significativamente in luce la promiscuità di un pianeta in cui l'ordine celeste non fu mai di casa, perché è una meccanica casuale ed incurante a governare il procedere del tempo. La stessa lotta per la sopravvivenza ha un effetto autodistruttivo, come nel combattimento tra scorpioni. L'intera storia è, ironicamente, un'"età dell'oro", in cui si celebrano gli eventi e si premiano gli eroi, mentre, in realtà, per nessuno c'è salvezza.
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