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Verso il sole

Regia di Michael Cimino vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Verso il sole

di yume
8 stelle

E’ l'America che Cimino ama e critica, quella che la sua “potente e distintiva immaginazione visiva” crea dal nulla,facendone un ritratto autentico che contiene l’America colonizzatrice, violenta e classista e quella che resiste,i nascondigli dei gangster e i bar per motociclisti e una montagna magica dove una medicina dei nativi americani salva.

Dopo Deleuze e Godard, la frase “il cinema pensa” è diventata uno slogan. Ma che cosa significa esattamente? Che un pensiero può farsi strada nella testa dello spettatore, attraversando certi film, a tutto un altro livello di coscienza rispetto a quello in cui ci limitiamo a consumare la storia che viene raccontata dal film, la psicologia dei personaggi e tutto ciò che ha a che fare con il suo contenuto manifesto. Tali idee sono meno “dirette” dallo svolgimento lineare del film, sono sia più personali sia più universali di quelle di cui parla la sceneggiatura, attingono più in generale a un pensiero sul mondo e sono definite dal mio posto nel mondo nel momento in cui vedo il film.”

Adriano Aprà da “Critofilm. Cinema che pensa il cinema

E’ bene partire da questa riflessione per parlare di The sunchaser (Verso il sole), ultimo film di Michael Cimino, ottavo di una così scarsa produzione da far pensare a destini comuni fra geni poco prolifici (v. Tarkovskij).

The sunchaser, 1996, parte dalla superficie di quell’America che, almeno dagli anni '80 -’90 del secolo scorso, è quella che riposa solida nell’immaginario collettivo mondiale: ghetti violenti e quartieri alti opulenti, Bronx e Wall Street, carriere folgoranti nell’ alta finanza, nella politica, nelle professioni e destini di miseria che si trascinano nelle strade o nelle prigioni.

Schiacciata fra i due poli sparisce dalla ribalta la middle class, a rappresentarla, almeno al cinema o in qualche sbrigativa intervista  televisiva, desperate housewives e la categoria dei policemen, spesso brutali, non di rado corpulenti come le loro mogli casalinghe.

That’s America, ci piaccia o no, almeno così arriva fino a noi vecchi parrucconi di un’Europa che sta per finire stritolata tra Est e Ovest.

E Cimino che faceva nel 1996?

Pensava ai Navajos, “un popolo molto spirituale” dice qualcuno nel film, ai loro immensi territori desertici espropriati  in Arizona, dove canyons e acque saltellanti fra dirupi altissimi, montagne innevate e praterie percorse da cavalli bradi sono l’unico scenario possibile e sulla statale polverosa un caravan che va al raduno di Convergenze Armoniche, con una signora mezza pazza che dice cose molto sensate è un incontro risolutivo.

Ma partiamo dall’inizio di questo folle viaggio verso il sole compiuto da due personaggi che più male assortiti di così non si può.

Il primo, Brandon Monroe detto Blue (Jon Seda), 16 anni, etnia Navajos per parte di padre vero, infanzia maledetta con patrigno violento che lui ha provveduto ad uccidere appena possibile, un cancro all’addome al quarto stadio, un avanzo di galera ribelle e strafottente, nonostante la giovane età.

Il secondo è il dr.Reynolds (Woody Harrelson)  giovane e stimato oncologo del Medical Plaza, Università della California, in odore di primariato, con moglie, figlia e suocera che sembrano uscite da copertine di Vogue, prossimo a spendere due milioni per la nuova casa e una Porche rossa che è uno sballo (e anche l’orologio al polso non scherza).

Carcere di massima sicurezza, trasferimento del detenuto in ospedale, solite amenità di scambi verbali fra poliziotti e detenuti e via lungo le higway, fra sopraelevate, raccordi, liane di cemento della giungla urbana.

Al nostro oncologo tocca un turno di assistenza in ambulatorio, benchè molto indaffarato al tf con la moglie che gli sta dicendo “Tu non mi ami” perché lui fa qualche storia sul costo della nuova casa.

Ma il dovere chiama e va dal paziente tenuto a bada sulla porta da un brutto ceffo che in realtà è un poliziotto.

Il dialogo fra i due è un manuale di disarmoniche convergenze al massimo grado, due destini che il Caso cinico e baro ha messo insieme perchè forse quel giorno gli andava di scherzare, o forse aveva qualche occulto progetto in mente.

Fatto sta che ll ragazzo evade, sequestra il medico e i due faranno un viaggio verso il sole da far invidia al buon padre Dante.

Inferno, Purgatorio e Paradiso.

_______________________

Il film va visto, raccontarlo è  riduttivo, bisogna cogliere quello che dice Aprà “… un pensiero può farsi strada nella testa dello spettatore, attraversando certi film, a tutto un altro livello di coscienza rispetto a quello in cui ci limitiamo a consumare la storia che viene raccontata dal film, la psicologia dei personaggi e tutto ciò che ha a che fare con il suo contenuto manifesto”.

E’ quel livello di coscienza che può spingere lo spettatore a guardarlo una seconda volta, c’è un gradiente fra la prima mezz’ora e quel che accade dopo che travolge chi si stava limitando a “consumare” la solita storia americana.

Bellezza sopra, bellezza sotto, bellezza intorno”, è il mantra del giovane assassino, e la sua dissolvenza finale nel lago in cima alla montagna, guidato dal vecchio sciamano, appartiene meno di quanto sembri ai territori della fiaba.

Cimino mette insieme ingredienti che mai penseremmo insieme, eppure alla fine costringe a credere che sia normale così, che sia tutto così fantastico, che una corsa di cavalli guidati da indiani possa coprire col polverone la macchina in fuga dai poliziotti, che la simpatica signora dai lunghi capelli grigi del vecchio caravan (Anne Bancroft) sia il pretesto, nel breve tragitto di autostop, per discorsi di alto profilo scientifico e filosofico.

Il tuo stato mentale è incasinato, amico”, dice Blue al medico, fra i due c’è antagonismo di classe, di età e di cultura, fossero alieni non sarebbero più lontani.

Nulla è importante quanto il DNA” afferma con forza il dr. Reynolds che, benchè sequestrato, sballottato da una macchina rubata all’altra, in marcia verso l’Arizona con Blue che cerca il lago miracoloso che farà sparire la sua malattia, costretto a saltare “ la cena più importante della mia vita”, quella che l’avrebbe portato al primariato, non rinuncia al suo sapere scientifico in quello stretto abitacolo, fra quel malato strafottente e quell’anziana signora fissata con la fede, l’astrologia, le montagne sacre e quant’altro.

 E allora via sulla struttura delle proteine e sull’acido deossiribonucleico, mentre lei ribatte con “la fede assoluta che fa della paura e delle preoccupazioni un’impossibilità”. Blue osserva divertito, alla fine si salutano e lei guarda sorridendo l’oncologo: “Si perdoni, dr. Reynolds”. “Per cosa?” fa lui.“ "Per qualunque cosa le abbia chiuso il cuore”.

 

Siamo a due terzi del film, comincia l’ascesa al Paradiso. Non dura molto, l’ultimo pezzo del viaggio è tutto in salita, e finisce fra rocce, acque e nevi, un vecchio sciamano che spunta dal nulla e un lago sul tetto del mondo.

Il Paradiso lo pensa sempre in alto, chi lo pensa, dunque sulla vetta di una montagna sacra coperta di neve, nell’antico territorio dei Navajos in Arizona, è il posto giusto.

Pur andando contro sè stesso il medico non riesce ad abbandonare il malato, anche lui ha un rimosso infantile che lo segue e rivela solo a Blue. Fra i due le barriere cadono, senza preamboli e scene madri, come “schegge di macigno /precipitate sui fiori” (Rilke) s’incontrano sul limitare.

Il ritorno alla normalità è sui titoli di coda, pioggia, smog, ombrelli, la famigliola si riunisce, il mondo continuerà a girare su sé stesso, uguale, fino alla prossima favola.

Michael Cimino

I cancelli del cielo (1980): Michael Cimino

Di Cimino, dopo Heaven’s Gate, sappiamo tutto, dunque conosciamo la maestria delle riprese, la straordinaria architettura visiva che racconta con le immagini il dentro e il fuori, il sopra e il sotto, quell’oscillazione continua del presente fra ciò che è e ciò che sembra, quel dare una coerenza e trovare un nucleo dove sembra esserci solo caos, quell’alternanza di piani e di scene, di suoni e rumori che danno unità alle mille sfaccettature del reale.

Il ritmo si muove al passo con l’evoluzione interiore dei personaggi, e il dr. Reynolds, così appagato, così sicuro e arrivato diventa un ricercato fuorilegge che ruba per curare il malato, l’antipatico Blue si rivela un  ragazzo fragile con un cuore saldo nel culto delle sue origini, quei mondi così lontani arrivano a toccarsi.

E’ l'America che Cimino ama e critica, quella che la sua “potente e distintiva immaginazione visiva” crea dal nulla, unendo mito e realtà, facendone un ritratto autentico che contiene l’America colonizzatrice, violenta e classista e quella che resiste, i nascondigli dei gangster e i bar per motociclisti e una montagna magica dove una medicina dei nativi americani salva dal dolore.

Un film che non è un capolavoro, forse per strettoie imposte dalla produzione, ma scagliarsi come il critico dell’ Empire non è comprensibile!

“… Personaggi composti di cartone stratificato che percorrono situazioni incredibili come se ci fosse qualcosa di profondo e che si libra intorno a loro… C'è persino una colonna sonora esagerata di Maurice Jarre, che alterna corde emotive a pezzi d'azione che suonano come un western anni '50 di grado B, e Cimino riesce in qualche modo a rendere non magica anche la Monument Valley, l'inevitabile destinazione della ricerca”

 E Keith Phipps segue a ruota:

È divertente come un film possa sembrare pretenzioso e semplicistico allo stesso tempo, ma, come dovrebbe indicare la sinossi della trama, Sunchaser ce la fa.”

 Che dire? Non si riesce ad andar d’accordo neanche sulla Nutella e la Coca Cola, noti veleni. Ma la gente ne va pazza.

 

 

 

 

 

 

www.paoladigiuseppe.it

 

 

 

 

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