Regia di Walter Hill vedi scheda film
Il misterioso John Smith/B.Willis si immerge, quasi per caso, nell’atmosfera rarefatta che si respira nell’infernale cittadina di Jericho (ultrapaz) e, nondimeno, ne esce vivo. Ancora vivo (si sbotterà, dopo le mille peripezie ed intrighi - da lui, peraltro, più spesso tramati - che arrivano a toccarlo da vicinissimo)!
Sì; ancora vivo (e quasi non si sa bene se rallegrarsene o meno; di certo non ci si stupisce: il titolo italiano e quello originale fanno a gara per vincere il premio del “titolo più eloquente dell’anno”).
A metà fra il noir, il western ed il gangster movie (praticamente, un “gangstern movie”: bradipo68) il film di W.Hill “riedita” due illustri precedenti (di Kurosawa e Leone) senza fare sconti ad asprezza e violenza.
Due razze di criminali trafficano lungo la sottile linea di confine che separa la vita dalla morte ed intanto i pensieri di un gringo (Willis) senza partito, ma con un cartellino (del prezzo) ben stretto intorno al collo si rincorrono, senza fretta, sulle strade polverose di un Texas dimenticato dalla legge e dal buon senso. Un gringo (autoproclamatosi, di fatto, lo sceriffo più prezzolato del west) in versione giustiziere senza pietà (ma non senza macchia) che si prodiga a più non posso onde detta linea riscrivere a piacimento, sfruttando i capricci delle brezze/nebbie polverose del deserto del profondo sud (una vera manna per tutti gli intenditori di fotografia), in un’epoca (surreale) di proibizionismo.
Il rumore degli spari - intervallato, di quando in quando, da silenzi assordanti e proprio dai pesanti pensieri del protagonista - diventa, così, un cigolante carillon cui ci si abitua in fretta.
Il resto è solo uno spietato countdown che vedrà un solo last man standing.
Un film tutto d’un pezzo che non disattende le aspettative.
Qualunque esse fossero.
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