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Vecchia America

Regia di Peter Bogdanovich vedi scheda film

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La recensione su Vecchia America

di millertropico
8 stelle

Quando ancora il cinema era gli albori (qui l’ambientazione è retrodatata agli inizi del novecento, tanto per intenderci) il giovane avvocato Leo Halligan si troverà suo malgrado e da un giorno all’altro, ad essere promosso al rango di regista di una scalcinata troupe finanziata da un produttore indipendente (del quale stava curando gli interessi) per realizzare un piccolo film muto.

La storia è tutta qui, concentrata sulle avventure e le vere e proprie peripezie che si dovevano affrontare per realizzare, con mezzi ancora pionieristici, questi piccoli film muti, complicate per altro dalla spietata guerra dei grandi magnati della nuova industria in formazione, che avevano “fiutato” l’affare (erano  gli anni dei Nickelodeon, sale cinematografiche anche improvvisate dove per cinque centesimi - un nickel, appunto- si poteva assistere alla proiezione di mini-pellicole della durata di pochi minuti: la curiosità era grande, il pubblico numeroso e gli incassi assicurati) e cercavano di affossare in ogni modo e con qualunque mezzo le produzioni indipendenti per ridurre la concorrenza e poter così aspirare al monopolio del mercato.

Era dunque una guerra all’ultimo sangue, condotta senza esclusione di colpi, che veniva combattuta assoldando anche dei sicari (veri e propri “gorilla”) il cui compito principale era quello di distruggere le cineprese degli avversari… ma non sempre le cose si risolvevano come i committenti avevano immaginato e previsto: nel caso specifico, sarà infatti proprio uno di questi gorilla incaricato di sabotare la realizzazione del film di Leo, che si troverà  invece ad essere ingaggiato da quest’ultimo per interpretare la parte del protagonista della pellicola in lavorazione…

Ispirandosi ai ricordi e alle memorie di registi quali John Ford, Allan Dwan e Raoul Walsh, Bogdanovich ha intenso così rendere omaggio alla “nascita del mito”: da un film all’altro, fra una scaramuccia e un attentato descritti con amore e nostalgia, affetto ed umorismo, gag e vere e proprie “citazioni” riprese pari pari dal periodo di riferimento, seguiamo il cinema nel suo progredire e maturare, fino  a diventare “davvero” adulto e farsi “arte”.

La sera in cui verrà presentato per la prima volta Nascita di una nazione di Griffith, tutti i protagonisti si ritroveranno  insieme nella platea della sala dove la pellicola viene proiettata in anteprima, per assistere all’evento, e partecipare così davvero all’inizio di questa grandiosa, straordinaria e affascinante avventura ancora in corso di svolgimento.

Deliziosa “operazione nostalgia” intelligente e briosa, che potrebbe benissimo contenere nella sua colonna sonora (se il regista l’avesse conosciuto) il pezzo musicale scritto negli anni ’50 da Lelio Luttazzi per la rivista di Garinei e Giovannini Gran Baraonda, e lì interpretata e portata al successo dal Quartetto Cetra (guarda caso con una esibizione teatrale ambientata a bordo di un vecchio trenino del Far West, tanto per far comprendere le “affinità” dirette e i riferimenti). Qualcuno la ricorda?:

 

Vecchia America dei tempi

di Rodolfo Valentino

quando Al Johnson canticchiava

e Frank Sinatra era un bambino

quando Gershwin rapsodiava

tutto in “blues”

sei rimasta un bel ricordo e nulla più

 

Vecchia America dei negri

piantatori di cotone

dei magnati a quadrettoni

con il sigaro e il bastone

quando Ziegfield

grande re del varietà

strabiliava per la sua modernità

 

Vecchia America dei tempi                                    

di Tom Mix e Ridolini

che facevan divertire

tanto i grandi che i piccini

vecchia America

dei baffi alla Menjou

sei rimasta un bel ricordo e nulla più!

 

Gli ottimi interpreti sono Ryan O’Neal (Leo Halligan), sua figlia Tatutìm O’Neal (viene a ricomporsi così la “coppia” di Paper Moon) Burt Reynolds (il “gorilla”) Brian Keith e Stella Stevens.

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