Regia di Tim Pope vedi scheda film
Sequel del film diventato cult (con il compianto Brandon Lee), che di quel primo episodio conserva solo la colonna sonora e il personaggio di Sara ormai cresciuta e impegnata nel ruolo di tatuatrice.
Gli ingredienti sono sempre gli stessi: amore (genitoriale in questo caso), morte, resurrezione e vendetta, con la consueta presenza di un corvo che aiuta un padre ucciso ingiustamente insieme a suo figlio, a giustiziare tutti i loro carnefici. Le dinamiche della trama, perciò, sono identiche a quelle del prequel. Il soggetto di una tragedia iniqua manipola ancora una volta la sensibilità dello spettatore, che inizia a desiderare ardentemente di veder applicata la “regola” dell’occhio per occhio e dente per dente.
In questo secondo capitolo, le ambientazioni dark sono ancora più suggestive e ipnotiche. Hanno un impatto visivo influente, continuando a ricordare la “Ghotam City” dei fumetti della DC Comics (in primis, di Batman).
La messa in scena tuttavia è mediocre e meno naturale o disinvolta rispetto al primo film. Tim Pope cerca di emularne lo stile e gli elementi in maniera così meticolosa da risultare quasi fastidioso. Manca di inventiva e abilità nel creare il pathos, che in questo caso appare “riciclato” e spinto, scarsamente efficace ed emozionante, quindi. In compenso, però, la narrazione è fluida e accattivante, soprattutto perché condotta da Sara, il personaggio più emblematico della storia, interpretata non più da Rochelle Davis (a quei tempi non era cresciuta quanto serviva, erano passati ancora pochissimi anni), ma da una brava Mia Kirshner, doppiata in modo magistrale e molto toccante da Giuppy Izzo.
Dramma e tensione si fondono bene ancora una volta, il ritmo è costante e giostra con media abilità sequenze di terrore psicologico ad altre più leggere e ricche di un sentimentalismo un po’ retorico, ma i dialoghi, il poeticismo maledetto e gli aforismi metaforici sono molto meno efficaci o memorabili rispetto a quelli del primo episodio.
Anche in questo caso la trama è densa di violenza, con sporadici sprazzi di humor nero e di dolore psicologico, sino a un finale penoso e brutto, che personalmente, non sono proprio riuscita ad apprezzare. È di cattivo gusto e insensato aggiungere ulteriore dramma a quello che già regna sovrano nella pellicola. Inoltre, quando il protagonista, Ashe Corven (evviva l’originalità del suo ammiccante cognome), che è poco più di un fantasma, inizia a sentirsi attratto dalla giovane Sara, si suda freddo. La storia subisce una precipitosa caduta di stile che sfiora il grottesco.
Il cast di attori maschili è modesto e poco funzionale. Tra i nomi spicca soltanto quello di Iggy Pop. Vincent Perez è bravino e possiede una discreta presenza scenica, ma poco carisma e nel ruolo dell'uomo guidato da un corvo vendicatore è inadeguato. Non convince molto e da solo non ce la fa a reggere il peso di un film impegnativo come questo.
Nel complesso, è un sequel-replica poco ispirato e poco coinvolgente, riadattato da idee scontate.
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