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Francesco d'Assisi

Regia di Liliana Cavani vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Francesco d'Assisi

di hallorann
10 stelle

Le prime immagini sono sui volti affaticati, segnati dalla fatica dei lavoratori che stanno ai telai di Pietro Bernardone, facoltoso produttore e mercante di tessuti di Assisi. Il giovane figlio Francesco si diverte con gli amici a giocare a fare il cavaliere, sfottere un eremita e vivere allegramente. Convinto da un vero cavaliere parte per combattere e si veste da guerriero, l’abito confezionato dal padre lo dona a un compagno. Dopo due giorni torna a casa. Qualcosa in lui lo persuade a riflettere sul senso delle cose, il padre però perde la pazienza. “Come mercante, come guerriero un fallimento…”, Francesco vaga intorno a se stesso, riflette sul padre “padrone, un grande padrone”. Va a Roma come pellegrino e si confonde tra i mendicanti donando loro i suoi mantelli pregiati. Al ritorno il padre vedendolo ridotto quasi come uno straccione lo picchia e lo minaccia di denuncia. Già in precedenza Francesco aveva regalato insieme ad alcuni amici dei tessuti suscitando le ire paterne.



1207. Pietro denuncia il figlio per ribellione e dissipazione. Chiamato a giudizio in una sorta di tribunale ecclesiale da un messaggero del Papa, Francesco vuol dare via tutto il patrimonio del padre e come gesto di “disubbidienza” si spoglia restituendo i vestiti al padre. “Sei uno scandalo! – Scandalo è la fame della gente”.



1209. Da due anni Francesco vive solo e si mantiene con il suo lavoro, ripara le chiese più povere. Due amici chiedono di aiutarlo…sono i primi semi del francescanesimo. Egli rifacendosi al messaggio semplice del Vangelo predica la pazienza, l’ubbidienza.



1210. Francesco va a Roma da Papa Innocenzo III con i suoi amici…”i penitenti di Assisi sembrano pecorai”. Dapprima considerati alla stregua dei numerosi eretici che ingannano la Chiesa di Roma, “bisogna estirpare questi cancri dalla Chiesa”, il Papa dà fiducia alle parole di Francesco affidandogli il cardinale Colonna, il quale garantisce sulla loro condotta. “Ci siamo liberati dal denaro perché è una cosa sporca, possiamo toccare solo lo sterco ma non il denaro”. “Non ci accontentiamo delle croci dipinte, delle immagini, lui era un uomo…quando il cristo vivo ci viene davanti agli occhi per la strada, affamato, stanco, nudo, pieno di freddo, noi gli voltiamo le spalle proprio come hanno fatto a Gesù Cristo…lui non ce le ha voltate”. Francesco invita Chiara, cugina dell’amico Ruffino a leggere il Vangelo di Giovanni, “ti aprirà gli occhi”. Intorno alla cappella della Porziuncola sorgono le capanne dei frati. Francesco consiglia ai suoi frati di predicare l’opera missionaria in giro per l’Italia e per il mondo. Per quasi due anni egli si assenta  per recarsi in Egitto e in Terra Santa. Rientra quando ormai i seguaci sono a centinaia, non accetta che “gli studiosi di Bologna” abbiano preso una casa ampia e confortevole, mentre ne smantella il tetto essi lo accusano di parlare del Vangelo da persona senza dottrina, “bisogna capire le allusioni, i simboli, le allegorie e tu prendi le parole alla lettera, come un sempliciotto, come un ignorante”. Durante un incontro con i seguaci, oltre a ritenersi contrario all’uso del cilicio, dei corsetti, “la penitenza dev’essere un atto d’amore”, ribadisce che non è la dottrina che serve ma l’amore, “essa ci porterà lontano dagli uomini”. Confuso e deluso si ritira in solitudine per preparare la Nuova Regola che si rifà ancora una volta alla semplicità del Vangelo e nel 1223 viene approvata come testo dell’Ordine dei Francescani. “Nessuno sia capo o padrone ma servo come Gesù”.



1223. Crea l’usanza del Presepio con un bambinello vero, il bue e l’asinello.



1225. Francesco ammalato si reca a San Damiano da Chiara e le sue consorelle nella loro comunità nata sulle orme di quella francescana. Il 4 ottobre 1226 Francesco muore “in terra e nudo”.



FRANCESCO D’ASSISI è l’esordio cinematografico firmato Rai di Liliana Cavani, sceneggiato con il grande Tullio Pinelli e la consulenza storica di Boris Ulianich. Un’opera scarna, essenziale, mirabile, più aspra e meno riconciliata dell’altrettanto bello FRANCESCO GIULLARE DI DIO di Rossellini. Musicata con cura da Peppino De Luca e con un’ambientazione medievale credibile è la migliore biografia concepita sul poverello di Assisi grazie all’approccio laico e insieme spirituale. Scevra da orpelli, sovrastrutture, furbizie non ha neanche quei tanto reclamizzati richiami/anticipi del ’68 e della ribellione giovanile. Certo la figura di San Francesco, come quella di Gesù, è stata se vogliamo “rivoluzionaria” ma solo da chi non ha mai letto o capito l’immediatezza del messaggio evangelico riproposto da Francesco. Egli è un uomo che si interroga sul lusso che lo circonda (oggi sarebbe il superfluo), le ingiustizie, le assurdità del suo tempo che si rivelano eternamente attuali. Predica pace e amore senza retorica. Non dialoga con gli animali, non li placa, come nella scena del lupo che insegue lui e Pietro, come un uomo qualsiasi sale un albero per non essere sbranato e semplicemente si interroga e si dà la risposta che quell’animale ha solo fame o paura. “Io non credo che dobbiamo avere paura”. Era un ragazzo che viveva con gli occhi aperti poiché aveva capito la Verità.



Lou Castel è un Francesco eccezionale, una interpretazione stupenda di un attore vero, sofferto e sottovalutato. Bravi anche gli altri, tra cui Giancarlo Sbragia e Riccardo Cucciolla. Nella parte dei frati ”studiosi di Bologna” intervengono gli angeli custodi cinematografici della Cavani, Marco Bellocchio e Silvano Agosti.

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