Regia di Peyton Reed vedi scheda film
Il Diavolo si nasconde nei dettagli. Considerati dai più come il risultato di quella mentalità mercantile che a Hollywood è virtù indispensabile, mentre da noi incarna quanto di meno conforme ci sia a un’idea corretta di settima arte, i film della Marvel ad ogni uscita, oltre a ribadire l’accuratezza della confezione, non perdono occasione di ritagliarsi uno spicchio di autonomia dal resto del contesto per utilizzare nuove tecniche e mettere a segno qualche miglioria. Confermata la riconoscibilità del prodotto con una serie di ingredienti pressoché immutabili, tra cui annoveriamo la soluzione oramai consolidata di affiancare agli attori protagonisti un parterre di vecchie glorie dello spettacolo hollywoodiano, (oltre a Michael Douglas, qui la new entry è Michelle Pfeiffer) anche Ant Man and The Wasp riesce a ritagliarsi la propria linea distintiva, a cominciare dalla scelta di un tono, quello da commedia, appropriato alle stravaganze connesse con il fatto di avere a che fare con le avventure di eroi “lillipuziani”, più di una volta costretti a difendersi da pericoli che, in taluni casi, non farebbero paura neanche a un bambino.
Ma non finisce qui, perché nel carrozzone delle meraviglie allestito da Peyton Reed (confermato alla guida della serie) a smarcarsi dalla norma è ciò che accade in una delle prime sequenze, con Douglas e Pfeiffer miracolosamente ringiovaniti e pronti a figurare senza alcuna forzatura nei panni dei genitori di Hope van Dyne, alias The Wasp, l’intrepida eroina che, insieme ad Ant-Man, si prodiga per ritrovare la madre scomparsa anni prima nel regno Quantico. Così, è vero che a rimanere impressi sono gli effetti speciali collegati alle scene d’azione meglio riuscite, come quella che – citando Godzilla – vede il protagonista emergere dalle acque della baia con un corpo di gigantesche misure, oppure l’ironia che ogni volta accompagna il mutamento di dimensione di oggetti e persone: una su tutte quella relativa al quartier generale del professor Pym, all’uopo rimpicciolito dal padrone di casa e portato a spasso come un qualunque trolley. D’altro canto, in prospettiva, è la sequenza di cui dicevamo prima a lasciare il segno, perché da ciò che abbiamo visto non passerà molto tempo dal giorno in cui gli interpreti potranno essere letteralmente “programmati” per restare giovani senza bisogno di ricorrere ad Avatar o chirurgia plastica. Tornando al presente, invece, a intrigare di Ant Man and The Wasp è la scelta di certe soluzioni narrative: pensato come spettacolo per famiglie, la sceneggiatura ne mette in campo addirittura due – quelle di Hope/The Wasp e di Scott/Ant-Man -, entrambe rimaneggiate, entrambe da salvare. Impossibile non identificarsi con esse e non sperare che tutto vada a finire per il meglio. Anche qui, però, ce n’è per tutti i gusti e, quindi, anche per coloro che ai sentimenti e alle riflessioni preferiscono risate e leggerezza: la contagiosa simpatia di Paul Rudd e della squadra di amici capitanata dall’ottimo Michael Pena si dimostra all’altezza del compito tanto da farci dire che sono proprio loro i veri effetti speciali del film!
(pubblicata su taxidrivers.it)
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