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Gloria Bell

Regia di Sebastián Lelio vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Gloria Bell

di yume
8 stelle

“ Quando scoppierà il mondo spero di andarmene ballando”.

 

locandina

Gloria Bell (2018): locandina

Adeo namque sexus infirmior fortioris indiget auxilio, ut semper virum mulieri quasi caput preesse Apostolus statuat; in cuius etiam rei signo ipsam semper velatum habere caput precipit.

(Il sesso più debole infatti ha bisogno dell'aiuto del più forte, ed è per questo che l'Apostolo decretò che sempre l'uomo esercitasse la funzione di guida per la donna; e a simbolo di ciò stabilì che la donna tenesse il capo sempre coperto)

Pierre Abelard (1079-1142) - dalla lettera“Abelardo ad un amico per consolarlo” (Historia Calamitatum).

____________________

Per parlare di Gloria, la donna del terzo millennio dopo Cristo, li ricordo di Abelardo ed Eloisa può funzionanare.

Per la seconda volta Sèbastian Lelio ci racconta quanto manchi l’amore nella vita di certe donne, forse la maggioranza di quelle venute al mondo, certo nella vita di Gloria.

Soffermarsi su pregi o difetti di questo remake di Gloria, astro della Berlinale 2013, film che fece conoscere al mondo questo (relativamente) giovane regista cileno pieno di talento, è esercizio abbastanza sterile.

Il giudizio dello spettatore è sempre soggettivo, la critica ufficiale abbonda di lodi, quel che bisognava dire è stato ampiamente detto.

Cosa resta, dunque?

Resta lei, Gloria, il personaggio-donna in un mondo in cui è difficile vivere.

Che siano Paulina Garcìa o Julianne Moore non fa gran differenza, la scelta di Lelio (in realtà sembra sia stata la Moore con la Hollywood che conta a scegliere lui) di mettere in scena due attrici così diverse fa gioco alla causa.

E vediamo perché.

Paulina Garcia

Gloria (2013): Paulina Garcia

Paulina Garcìa, benchè il primo Gloria sia stato girato a Santiago del Cile, è il prototipo della donna europea anni ’60 over 50, quasi 60: vestitini da sera non firmati, trucco casalingo, capelli da coiffeur vicino casa, arredamento di casa sua che oggi chiameremmo vintage, ieri era proprio quello, caldo, molto kitch, mobili che hanno perso anche il loro nome d’origine (chi chiama più “credenza” il contenitore di stoviglie e altro della cucina?).

La Gloria americana è altra cosa, benchè Moore si sforzi di non essere bellissima, pettinatissima, depilatissima e vestitissima. In realtà lo è, star sistem non perdona.

E quel modo tipicamente americano del nord di chiudere i discorsi affettuosi con “ti voglio bene” è solo loro.

Gli occhiali no, quelli accomunano le due donne, le sigarette anche, per il resto l’abisso è estremo.

Insomma le differenze ci sono ed è normale, due mondi separati da un Oceano e millenni di storia, due culture, non basta che la sceneggiatura ripercorra pedissequamente l’originale, si avvertono tangibili differenze, ma non è una critica negativa, tutt’altro.

Gloria diventa in questo modo l’anti-eroina dei due mondi, la donna di un tempo in cui non basta avere un’indipendenza economica, guidare la macchina, entrare e uscire da locali notturni senza essere necessariamente malmenata da padri, fratelli o altri.

Gloria è la donna che si dice libera, almeno in Europa e in America, forse più libera in Europa, visto che la Moore, o la produzione (optiamo per quest’ultima), ha preteso che le scene di sesso non avessero la stessa “sfacciata” evidenza di quelle della Garcìa e che lei non entrasse nella toilette degli uomini per cercare il Rodolfo desaparecido.

Inoltre, le due figlie di Rodolfo (John Turturro nel remake, Sergio Hernàndez nell’originale), effimero amante di Gloria, non sono le statunitensi ciccione bulimiche che vediamo spesso nei telegiornali quando qualcuno fa stragi nelle scuole, ma normali fanciulle che s’intravedono appena, quanto basta per indovinarne la taglia.

Ma tant’è, Gloria è una donna dei nostri tempi, cioè una donna apparentemente libera che vive liberamente la sua solitudine.

Divorziata, rapporto finto-cordiale con ex e nuova moglie dell’ex, cene di compleanno di tutta la famiglia vecchia e nuova riunita con figli indifferenti quanto basta per essere figli credibili, si muove senza problemi nel suo piccolo mondo semplice in cui brilla una sola passione: ballare.

“ Quando scoppierà il mondo spero di andarmene ballando”.

John Turturro, Julianne Moore

Gloria Bell (2018): John Turturro, Julianne Moore

E’ l’unica cosa memorabile che dica, ma a noi basta, crea coerenza in un personaggio che non ha nulla da trasmettere se non la sua positività, cioè quell’accettazione della vita che è quella che è, e la si deve spesso soffrire.

Ma essere al mondo è questo, ed essere donna funziona.

Funziona perché sarebbe una specie estinta da un pezzo se non fosse quello che è.

Funziona perché anche un gatto glabro, che sembra uscito dalla tomba di un faraone, basta a farle compagnia.

Funziona perché, invece di avere quell’aria da cane bastonato che torna a casa con due borse della spesa (Rodolfo), arriva con il fucile giocattolo a pallettoni e lo bersaglia di schifosa materia verdastra (in America è rossa, chissà perché!).

 

Turturro troppo aitante e doppiato da cani, Moore troppo bella anche dietro quegli occhialoni, fanno una gran differenza rispetto al look piuttosto dimesso di Garcia e, soprattutto, Hernàndes, nel confronto la patina hollywoodiana si sente, ma è giusto così, bisogna che quel modo che ha Lelio di capire la donna (e Una donna fantastica, 2017, è decisamente il suo capolavoro) di volerle bene accarezzandola con la mdp e metterla al centro di un mondo che tenta continuamente di sbatterla ai margini diventi internazionale e vada premiato, è giusto che circoli ovunque e conquisti platee mondiali.

Aspettiamo perciò un remake giapponese, il riscatto della geisha.

Shirley MacLaine

La mia geisha (1962): Shirley MacLaine

 

www.paoladigiuseppe.it

 

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