Regia di Tullio Piacentini vedi scheda film
Serie di siparietti musicali intervallati da sketch comici a cartoni animati.
Questa pellicola fa parte di una bizzarra trilogia di prodottini sostanzialmente identici licenziati in rapida sequenza nel 1965 da Tullio Piacentini, la cui carriera da regista (e ‘ideatore’ del tris) d’altronde si limita proprio a questi tre titoli. Interessante quantomeno la scelta dei titoli, che si rifà a tre filoni all’epoca in voga, più o meno: se questo Viale della canzone scimmiotta i melodrammi di una decina (almeno) d’anni prima, 008: operazione ritmo richiama evidentemente i film di agenti segreti e Questi pazzi, pazzi italiani vuole inserirsi idealmente sulla scia dei mondo movies. Nulla di tutto questo comunque è contenuto in Viale della canzone e nei suoi due gemelli: si tratta essenzialmente di una sequela di siparietti musicali intervallati da sketch comici a cartoni blandamente animati, nel senso che il disegnatore Kriss si è limitato a muovere la bocca di un paio di personaggi statici e a donare loro una freddura per ogni sketch, per una durata di pochissimi secondi ciascuno. Di fronte a tanta povertà di mezzi e di idee, poco da dire; anche la playlist – per usare un termine più moderno – fa impallidire per la miseria dei protagonisti e, nel caso dei nomi più noti, dei brani. L’unica eccezione a tale regola è Io che non vivo di Pino Donaggio; per il resto i cantanti più famosi che compaiono in questo lavoro sono Bobby Solo, Edoardo Vianello, Nicola Di Bari e Ricky Gianco, impegnato peraltro in una sorprendente rilettura di From me to you dei Beatles reintitolata Cambia tattica (!). 2/10.
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