Regia di Alessandro Benvenuti vedi scheda film
Rispettando le tre unità aristoteliche (del resto, il copione deriva da un testo teatrale dello stesso regista), Benvenuti mette in scena la veglia funebre della famiglia Gori, intorno alla salma della povera Adele, figlia del rimbambito Annibale, moglie dell'irascibile Gino, madre del ladruncolo cannaiolo Danilo e sorella di Bruna, moglie insoddisfatta. Intorno a lei ruota una miriade di esemplari umani che, nelle loro personalissime miserie, fanno scompisciare dalle risate. Quello di Benvenuti, al contrario di quello di Pieraccioni, è un cinema toscano in cui non domina necessariamente la volgarità, che è semplicemente funzionale allo sviluppo della trama: perfino Ceccherini, qui, è molto più sobrio del solito. Il film funziona, ed ha una sua autonomia rispetto a BENVENUTI IN CASA GORI (1990), ed anche i personaggi "eterogenei" - sarebbe a dire non toscani - come la Ferilli (brava, nella parte di una neofita buddista d'infantilissimo entusiasmo), Haber e Vito risultano alla fin fine piuttosto credibile. Su tutti dominano, comunque, l'ottimo Monni e l'impagabile Novelli. In ogni caso, RITORNO A CASA GORI (il cui unico difetto è il finale, nel quale più o meno tutto torna un po' forzatamente al proprio posto) è il frutto maturo della mente e della sapienza cinematografica di un eccellente autore perfino un tantino sottovalutato, come Alessandro Benvenuti, che ha lavorato, bene, nell'ombra, mentre l'ex sodale Francesco Nuti - ahimè - si distruggeva sotto i riflettori.
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