Regia di David Lowery vedi scheda film
The Old Man & the Gun è uno spasso di film, con un regista in gran forma (David Lowery) che fa proprio il mood scanzonato ed il tono farsesco del suo magnetico e bizzarro protagonista, senza farne un'agiografia né giudicarlo. Gigantesco Redford.
Forrest Tucker conosceva solamente un mestiere: la rapina. Ma quel mestiere lo svolgeva in maniera assolutamente personale, probabilmente unica. Tucker detestava la violenza, e soprattutto sorrideva sempre: anche mentre ordinava al malcapitato banchiere di turno di riempirgli di banconote una valigetta, anche dopo aver trovato il modo di fargli vedere una pistola che comunque non avrebbe sparato mai, anche quando usciva col malloppo dalla banca zeppa di gente senza che nessuno si fosse accorto di nulla.
Anche in un'altra cosa Tucker era un maestro (pure se non può definirsi un mestiere): scappare di prigione. Lo fece 16 volte, da 16 posti e in 16 maniere diverse. L'ultima, quella rimasta nel mito, costruendo un kayak assieme a due compagni di cella con legno, fogli di plastica e nastro adesivo raccattati al negozio di legname della prigione di San Quentin, sulle coste della California, calandosi in acqua dopo aver detto alla guardia carceraria «Torno tra un minuto».
The Old Man & the Gun parte da poco dopo l'avventuroso sbarco che ne è seguito.
Al tempo aveva circa 60 anni, anche se nel film ne dichiara 70 per bocca di Robert Redford, che gli presta il suo corpo ad 80 suonati: marchiano errore di calcolo o media ponderata? In fondo, chi se ne frega! Una licenza poetica di una decina d'anni ci sta, se permette di far interpretare un ruolo del genere ad un Robert Redford in stato di grazia, tanto più che ha anche annunciato (per poi pentirsene) che sarà l'ultimo della sua carriera da attore.
The Old Man & the Gun è uno spasso di film, con un regista in gran forma (David Lowery) che fa proprio il mood scanzonato ed il tono farsesco del suo magnetico e bizzarro protagonista, senza farne un'agiografia né giudicarlo: piuttosto il giudizio lo sospende, o meglio non è proprio interessato a darne. Semplicemente, partito dall'omonimo articolo di David Grann uscito sul New Yorker, ha deciso di romanzarlo concentrando il racconto sui modi paradossalmente entusiastici e gioviali di questo rapinatore gentiluomo capace di farsi ammirare dai poliziotti che gli hanno dato la caccia (un meditabondo Casey Affleck), di convincere altri due arzilli vecchietti a fargli ancora da spalla stando sempre alle sue regole (Danny Glover e Tom Waits), e di far innamorare di sé una donna consapevole di essersi sentita imbellettare nel tempo, ma con infinito garbo, una marea di bugie (una solare Sissy Spacek). Il risultato è un film davvero notevole che attorno ad un gigantesco Redford conta almeno tre sequenze da ricordare (il dialogo Redford/Spacek nella tavola calda, la scena del bacio, e il carosello finale con tutte le fughe condensate in meno di un minuto).
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