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The Old Man & the Gun

Regia di David Lowery vedi scheda film

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La recensione su The Old Man & the Gun

di supadany
9 stelle

Festa del Cinema di Roma – Selezione ufficiale.

Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Non è neanche colpa sua, semplicemente è fatto così e non possiede la formula per cambiare, tanto da proseguire imperterrito sulla rotta prestabilita fino all’intervento di forze superiori alla sua volontà. E anche se così fosse, non è detto che la scritta game over sia definitiva.

Su questa falsariga, si muove il protagonista di The old man & the gun e in un certo senso anche la carriera di Robert Redford, una delle rarissime star di Hollywood ad aver brillato per un lunghissimo periodo, avendo già scavallato la ragguardevole soglia dei cinquant’anni di grandi successi.

Texas, estate 1981. Forrest Tucker (Robert Redford) è un settantaquattrenne che non ha alcuna intenzione di andare in pensione, perseverando nell’attività di rapinatore di banche insieme ai suoi complici, Teddy (Danny Glover) e Waller (Tom Waits), nonostante sia evaso di prigione una decina di volte e quindi conscio dei rischi cui va incontro.

Addirittura, non si ferma nemmeno quando incappa in Jewel (Sissy Spacek), con la quale potrebbe vivere serenamente gli ultimi anni della sua vita, e apprende come l’investigatore John Hunt (Casey Affleck) sia sulle sue tracce e l’unico realmente determinato a incastrarlo per mettere fine alla leggenda del suo rapinatore gentiluomo, così soprannominato per i modi cortesi e un sorriso confortante che non fa mai mancare a nessuno durante le sue scorribande.

 

Robert Redford

The Old Man & the Gun (2018): Robert Redford

 

In The old man & the gun, un giovane e stimato regista incontra un gruppo di vecchietti ancora in gran forma – almeno artistica -, originando una miscela di elevata qualità, che non si adagia sui comodi allori dell’heist movie che avrebbe potuto essere (volendo, avrebbe potuto far doppietta con l’escape movie).

Il quasi trentottenne David Lowery - entrato nei radar dei cinefili con Senza santi in paradiso, transitato in uno dei Disney più artigianali di questi anni qual è Il drago invisibile e affascinato i cinefili con l’indipendente Storia di un fantasma - dimostra di aver già acquisito la sicurezza per dirigere una star e creargli una passerella eccezionale per incastonare il suo eventuale ultimo passo nel mondo del cinema, senza esserne in alcun modo succube, creando un ingranaggio straripante, conciso per durata e quanto mai denso.

A tutti gli effetti, siamo dinnanzi a uno dei film più romantici di questo primo scorcio di secolo, un sentimento spassionato che viene riversato sulla vita, da assaporare fino all’ultima sorsata, sugli esseri umani che non rinunciano mai a essere sé stessi e sul cinema, strumento audiovisivo che, se utilizzato nel pieno delle sue risorse, può suggellare le storie vere più incredibili, come quella presa in esame.

Un modus operandi che permette di intavolare segmenti di più esistenze, azionando una macchina del tempo inarrestabile, che conduce su una metaforica pista di ballo, sulla quale si susseguono scene talmente armoniose da ricordare passi di danza, tanto più che il montaggio tiene la cadenza dell’accompagnamento sonoro con dei sincronismi avvolgenti.

Anche per questa ragione, quella officiata da David Lowery è una narrazione che tratta in ugual modo le immagini, aderenti al periodo di riferimento, le parole, che veicolano dosi abbondanti di sarcasmo, e i suoni, ottenendo un ensemble tale da mandare a nozze gli interpreti.

Ovviamente, la prima pagina spetta al gigantesco Robert Redford, che sfrutta appieno un ruolo cinematograficamente afrodisiaco come quello del rapinatore/antieroe galante (ricordando in taluni aspetti il Clint Eastwood di Gran Torino, sperando che anche lui cambi idea sull’addio alle scene), ma gli altri colleghi di set riescono a tenergli testa con un’invidiabile complicità, costituendo un collettivo favoloso. Così, Danny Glover e Tom Waits possiedono quei volti che colpiscono l’attenzione al primo sguardo, Casey Affleck è ormai impiantato sulla lunghezza d’onda del regista (i due sono alla terza collaborazione), mentre Sissy Spacek è la perfetta controparte - com'era capitato a Jane Fonda nel precedente Le nostre anime di notte - di un anomalo duetto amoroso.

 

Sissy Spacek, Robert Redford

The Old Man & the Gun (2018): Sissy Spacek, Robert Redford

 

In definitiva, sciorinando in coda tre scene pazzesche - un incontro paradossale nell’antibagno di un locale, un bacio stampato sull’uscio di casa e un assemblaggio clamoroso delle evasioni di Tucker –, ancora una volta coagulando umori diversi, The old man & the gun incornicia un quadro incredibilmente fluido e stracolmo di passioni, seducente per come si specchia nel passato e lanciato in mare aperto da David Lowery, nuovamente fuori da un qualunque standard in voga e predicatore di un inno alla libertà di straordinaria potenza espressiva, accostabile al cinema della New Hollywood degli anni settanta.

Un autentico dono, che introietta l’ebbrezza della vita in tutta la sua travolgente energia e nel piacere più incontrollabile.

Raffinato, garbato e travolgente.

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