Regia di Abel Ferrara vedi scheda film
Un incubo metropolitano alla Ferrara, ma questa volta la tensione - ben mantenuta dal regista - del film non verte attorno a malavita, delinquenza per le strade o follia dei tempi nostri; il fulcro della sceneggiatura (di Nicholas St. John, come di consueto) è il vampirismo, ovverosia la dipendenza da sangue. Che, molto facilmente, rivela la sua metaforica entità, sorta di mascheramento della difficile (anche perchè ormai abusata e stereotipizzata) tematica della tossicodipendenza: i toni profondi e la partecipazione calorosa di Ferrara alle sventure della sua protagonista lasciano intuire che tale problematica lo abbia coinvolto in prima persona. Brava Lili Taylor (ancora non molto nota, ma già voluta due volte da Altman, in America oggi e Pret à porter) a impersonare la distruttiva (e autodistruttiva, chiaramente) Kathleen, inquietata da domande esistenziali (l'autocoscienza, la banalità del male) e ben più prosaiche, concrete domande di sangue, cibo della propria dipendenza (Addiction, appunto, come nel titolo originale: bel pasticcio, tanto per cambiare, la traduzione italiana in Vampiri a New York, che offre l'idea del solito thriller sanguinolento sulla distruzione del mondo). Nominato a Berlino per l'Orso d'oro; Christopher Walken (qualche anno prima in King of New York, sempre con Ferrara) ha un ruolo di secondo piano. 6/10.
Una studentessa di filosofia, prossima alla tesi di laurea, viene aggredita nottetempo a morsi nel collo da una donna. Si accorge di aver perso molto sangue e di avere ora una strana, irrefrenabile voglia di succhiare quello altrui.
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