Regia di Abel Ferrara vedi scheda film
Abel Ferrara non è un regista horror (anche se la brutalità che racconta in ogni suo film è il piccolo orrore quotidiano dei suoi personaggi). Eppure, "The Addiction" credo sia un fondamentale piccolo manifesto horror, anche perchè recente e quindi molto interprete del nostro tempo. Oltre al motivo dei vampiri, al bianco e nero "malato" che ricorda i vecchi Universal, e oltre ai silenzi e alla desolazione delle scene, Ferrara riallaccia il suo film all'horror grazie soprattutto alle passeggiate, o meglio, alle fughe mentali della protagonista. Nei suoi deliri filosofici infatti, aiutati dalle varie citazioni letterarie, mai banali (come sarebbe potuto accadere), riusciamo ad addentrarci in quella dimensione disturbante che è tipica dell'horror. Il regista, comunque, parla di droga, di dipendenza e del male dell'uomo, come nostra condizione irreversibile. C'è qualcosa nel non-lecito, che non solo ci disturba e ci fa riflettere sul suo valore etico, ma che ci affascina. Ci affascina così tanto che, paradossalmente, più viviamo esperierenze estreme e malate, folli e rischiose, più troviamo noi stessi; più ci realizziamo; più ci sentiamo vivi, con un ruolo nel mondo. "Pecco ergo sum", dice Ferrara... E' brutto a dirsi, ma è così.
Ma il film non è un piccolo ed affascinante, quanto fondamentale, manifesto horror solo grazie a questa bellissima dimensione della malattia in cui vive la protagonista, e di specchio anche gli altri personaggi. Il film di Abel Ferrara è l'esemplificazione cinematografica di quello che ho sempre pensato circa il cinema del terrore: ovvero che l'horror è ribellione. La società, il sistema, o per meglio dire la cultura dominante, ci propone la sorridente famiglia felice; ci propone le rose e i fiori; il buonismo, il rigore morale, l'eroismo patriottico-suicida; ci propone anche la rinunciataria adesione ai progetti dei potenti, perchè sono belli, forti, puliti, rassicuranti. Questo ci propina la cultura puritana dell'immagine...fosse tutto vero! Invece l'Horror ci propone il disagio, il malessere, la malattia, l'inquietudine, l'efferatezza, lo strazio, il disturbante. L'Horror ci turba, ci mette a disagio, ci disturba. Insomma fa tutto ciò che può per ribellarsi alla patina falsa e assassina che ci propina la società bene, per scaraventarci non tanto nella realtà, ma in quella condizione di fuga di cui siamo necessariamente affamati.
La fuga, le droghe, la malattia, la follia, l'individualismo, come uniche vie di fuga dal "malessere" della cultura dominante, che invece di esaltarci, ci riduce sempre più a spaventosi automi degni di George Romero (a cui l'estetica del film di Ferrara deve molto).
Ecco quindi come "The Addiction" è una felice discesa dantesca tra le righe dell'horror: un genere capace di essere cinema disturbante e ribelle, come riesce a pochi.
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