Regia di Abel Ferrara vedi scheda film
Kathleen (Lili Taylor) è una tranquilla studentessa di filosofia. La sua vita cambia drammaticamente quando in una notte newyorkese si imbatte in una bellissima donna (Annabella Sciorra), che le si avvicina, l'avvinghia e la morde sul collo. Da quel momento, Kathleen si accorge che qualcosa in lei è profondamente cambiato, di essere vittima di una strana forma di dipendenza. Così si trasforma in una preditrice notturna che mieta un numero sempre maggiore di vittime per appagare la sua crescente voglia di sangue umano.
Con "The addiction", Abel Ferrara parla dell'inestricabile rapporto tra il bene e il male attraverso la metafora del vampirismo il quale,producendo dipendenza, aumenta la propensione umana a propagare il male. Segue uno schema narrativo che poggia sulla netta separazione tra la notte e il giorno, il buio e la luce, e lo avvolge in bianco e nero che accresce la carica seduttiva del male, la sua capacità di attirare a se chi è ansioso di conoscere la sua intrinseca natura. Si può convivere pacificamente col male, suggerisce il seducente Paine (Cristopher Walken), basta adattarsi alle sue esigenze, scegliere di concedersi a lui totalmente, e in cambio si otterrà una parvenza di normalità da spendere alla luce del giorno. I vampiri a New York sono il paradigma del delirio metropolitano, il male che produce malefici, il sangue che chiama altro sangue, la morte dell'innocenza che tende a farsi sistemica. Ferrara compie una riflessione sull'irriducibilità del male e pigia il piede sull'accelleratore scegliendo una strada di non ritorno. Da un corpo all'anima nera che serpeggia nel cuore pulsante della "grande mela", tra le pieghe di andamenti urbani assolutamente pacifici e ordinari. Cambia la struttura genetica delle persone sconvolgendone l'ordine naturale, trasformando le vittime in carnefici e inscenando un teatro della vita dove l'incontro con l'altro da te può rappresentare l'inizio della fine e la notte diventare il regno indiscusso dei principi delle tenebre. Il male è un virus che si nutre di solitudine e vizio, si trasmette per contagio insinuandosi nella carne di chi ne è infetto deformandogli la percezione del reale. E' l'inevitabile codificazione dell'orrore metropolitano. Ferrara (con l'amico St.John) porta all'estremo la rappresentazione della natura malvagia dell'uomo e attraverso il sofferto finale ci suggerisce che solo dal peccato può nascere il pentimento, solo dal riconoscimento di una colpa la speranza in una redenzione buona per chiunque. Capolavoro.
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