Regia di Paul Solet vedi scheda film
All’interno del animal attack movie, o del beast horror, animal horror o ecovengeance a seconda di come il critico intende filosoficamente il filone, il killer dog movie ha sempre sovvertito la tesi del cane come miglior amico dell’uomo connotandolo come una bestia feroce che si aggira per casa, simboleggiando così il male covato, nutrito e cresciuto tra le mura domestiche. Altre volte è effettivamente un cane addestrato ad uccidere, ma poco cambia perché sempre di cane si tratta, non è un lupo con tutti i riferimenti connessi alla wilderness, bensì un animale domestico con la variante di un’educazione assassina.
In Bullet Head invece succede tutta un’altra cosa. La traiettoria narrativa inizialmente segue la struttura del classico film di genere con l’inquietante molosso ferito a morte e quindi parecchio incattivito, oltre che addestrato a combattere e uccidere, che attacca i tre malcapitati: Adrien Brody, John Malkovich e Rory Culkin, tre rapinatori costretti a nascondersi in un magazzino dopo una rapina e ignari che in quel posto si celebrano combattimenti clandestini molto violenti. Verso il finale le cose cambiano, si sovvertono i ruoli e il film termina, inusualmente per il genere, con un messaggio etico importante.
Peccato per la verbosità del film, i troppi e lunghi flashback che svelano la scarsità di idee in sceneggiatura e appesantiscono la narrazione. Tant’è che poteva essere un cortometraggio di venti minuti ed essere molto più piacevole. Invece, i flashback sono vere e proprie toppe per allungare la pellicola per conferirle lo status di lungometraggio. Peccato, perché le sequenze strettamente di genere, con le apparizioni inquietanti del cane, gli inseguimenti, le lotte e le uccisioni, sono davvero ben dirette e soprattutto efficaci iconograficamente.
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