Regia di David Cronenberg vedi scheda film
La carne metallica si contorce, si accartoccia, si violenta compenetrandosi con convessità aguzze, lentamente delira alla ricerca dell'amplesso, storcendosi e affondando in strette e umide concavità. Il film più erotico di Cronenberg, il film più gelido di Cronenberg, il capolavoro immenso di Cronenberg. "Le profezie sono lacere e sporche. Quindi fallo lacero e sporco". "Profetico? E' una profezia personale o una profezia universale?". "Non c'è nessuna differenza.". Vaughan, punto dal sottile pennino che lo tatua sul costato, è portatore della natura profondamente teorica e profondamente carnale di Crash, trattato distopico che scruta il lacero e lo sporco con lo sguardo elegante e fugace di chi è profondamente attratto e osserva l'oggetto del suo desiderio. Desiderio profondo e cavernoso, distillante un'estasi subitanea e brutale. Vaughan è un po' un Cronenberg frustrato, consapevole delle pericolose potenzialità dei suoi gesti, conscio della sua natura, alla ricerca autolesiva di sfacciata coerenza. Per i protagonisti, corpi da sfogliare in tutte le loro deformità, tesi in uno Streben che cerca l'infinito metallico e non l'infinito naturale/artistico (non dimensioni diverse, ma ormai fuse), la coerenza è l'approcciarsi meccanico all'altro, il flirt di ruote motrici e di occhi-fari accesi o spenti che sbattono e che stridono e che si scontrano nell'aberrante loop di stimoli onomatopeici. "Crash". Il botto scintillante che è apocalittico ricongiungersi di inerzie piega gli arti duttili degli esseri umani e permette alla nostra vista e al nostro udito di penetrare e possedere l'oggetto filmico, portandoci alla contrazione e alla deformazione inconscia e mentale della nostra sessualità. La visione di Crash diventa ipnosi priva di catarsi, sbudellamento del nostro Io a favore del nostro lato più geometrico e corrosivo, incrocio di carni e di protesi metalliche, sguscìo acido e scheggiante di pneumatici all'aderenza sull'asfalto, ricetta malsana di un'umanità ben oltre la soglia della perversione.
I corpi, in Crash, sono sconvolti e appagati dall'osservazione, non aspirano a nulla se non alla carne metallica, non necessitano di alcun tipo di parallelo civile per affondare morbidamente ma impetuosamente il proprio sguardo su una periferica metropoli fatta di strade e di incroci sfalzati e di macchine che aumentano sempre di più. Il terzo Millennio alle porte è un cartellone pubblicitario al neon sull'immissione psichica dell'essere umano nel flusso del traffico, di simbiosi siderurgica e invasiva di mente e corpo e meccanismo. I protagonisti si uniscono tramite macchine e nelle macchine, percorrono autolavaggi come attraverso condotti lubrificanti e sprizzanti liquidi organici, e accompagnano i gesti di una regia frustrata in un quadro di pericolosa ed eversiva contemplazione. Il carattere più violento e morboso del capolavoro di Cronenberg è un artificio della regressione che immette lo spettatore nel flusso di (in)coscienza carnale dei protagonisti, una sincopata ricerca di appagamento che il vuoto del mondo sembra non poter fornire in nessuna delle sue forme. Il sesso è armonico e spettrale, è l'incastro suadente e profondamente eccitante di ingranaggi roboanti e sospiranti, un oggetto filmico che Cronenberg lega strettamente alla natura cinematografica della sua opera, facendo dimenticare presto (almeno a chi non l'ha letto) la derivazione dall'opera di Ballard, fatto che potrebbe tenersi presente ma che si annulla fortunatamente nella descrizione partecipata e passionale di un Cronenberg disperato più che mai, che procede da un atto erotico a un altro con la freddezza di una successione di macchine in autostrada e senza alcuna traccia di letterarietà. Eppure coglie il legante provocatorio e conturbante di tutti questi convegni carnali invischiando l'osservatore in un climax ascendente di attesa palpitante, di tremore orgasmico e di fisica frustrazione, annullando ciò che osserva e autoannullando la sua partecipazione come colto da un coito previsto, ormai analizzato e studiato, che si ritorce su se stesso come un motore in un incidente o come due parabrezza che si scontrano, un'ostinazione matematica e razionale di come procurarsi maggior godimento, non come nell'erotismo appassionato e tentacolare de L'impero dei sensi di Oshima, e neanche con la freddezza burattinesca dell'orgia di Eyes Wide Shut, ma proponendo nell'ambito dell'erotismo cinematografico una nuova trappola erotica respingente e accattivante allo stesso tempo, distante e vicina, fusa visivamente e filosoficamente al grigiore urbano e automobilistico. L'orgasmo priva di qualunque fuga, possiamo osservarci nel godimento profondo senza entusiasmo, senza distenderci nella contrazione, ma continuando anche in quel momento a riflettere su noi stessi. L'erotismo è un'impossibile fuga.
La civiltà è andata perduta, pochi altri individui si osservano: non è un mondo tanto lontano dal futuro di Arancia meccanica, solo con meno luci e con più calcolate (e tristi) pulsioni. Non siamo tanto lontani dal finale di Cosmopolis, anche se qui nel degrado i personaggi hanno solo una dignità visiva e teorica, mentre il Robert Pattinson dell'ultimo Cronenberg riesce in un titanismo sfrontato e invidiabile a scegliere come morire e a controllare l'intero mondo con una mentalità simmetrica che c'è anche in questo maturo e splendido Crash. Il tradizionalismo cinematografico (accennato dal ruolo di Ballard nel film, anche lui regista o tecnico o quant'altro di un qualche film) è scosso perché riesce a cogliere, senza un'estetica brutale alla Zulawski (e neanche kitsch), le corde più recesse e nascoste dell'uomo, che osserva come degradarsi e come annullarsi, nel film come nella vita, cosicché Cronenberg, nel suo capolavoro, ha permesso di comprendere come il cinema, nel suo splendido fascino provocatorio e voyeuristico, sia una dispotica e barbara successione di fotogrammi. Più che distopia, c'è constatazione effettiva ed empirica della bellezza contingente e dannosa dell'annullamento, attrazione repressa e altamente lesiva dell'affondare nello scontro brutale con la propria corporeità. L'istinto, la voglia, il desiderio erotico di compenetrare e essere compenetrati nella ripetizione disumana. Tutti gli uomini e tutte le donne funzionano così, Cronenberg svela l'arcano meccanismo, e sfonda tutti in un grande Big Bang. Crash.
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