Regia di John Krasinski vedi scheda film
FeedBack Negativo: "Shhh! Shhh!".
Trilogia Horror (esordienti e semi-esord.) / 2 : “Hereditary”, “A Quiet Place”, “Hagazussa”.
[Qui la prima: “It Follows”, “Babadook”, “the Vvitch”.]
Fa più male colpire col mignolo del piede lo spigoloso angolo del comodino o Transformers? Scusate il macguffiniano senza suspense chiodo fisso...
Il film si lascia godere; scorre, intrattiene.
...ma perché la regìa insiste col mostrare un (c)erto chiodo dislocato dalla sua posizione inculcatagli a suo tempo s'uno scalino...
Poi alla fine capisci: quel senso di vacuità, quel tocco di inutilità, quel brivido di bolsaggine: Michael Bay!
...se poi quel cazzo di chiodo, dopo essersi conficcato nella pianta di un piede, viene superato mille mila altre volte senza più arrecare danno alcuno?
Chiodi a parte [ed ovviamente non mi soffermo sulle più o meno presunte “incongruenze” tanto logico-tecniche quanto psico-comportamentali data la tipologia (“indie”-blockbuster) e non il genere (horror) di film], riconosco i miei limiti e, a parte “feedback negativo” (un giudizio scritto ch'è un semi-spoiler tecnico-acustico), non altr'ho da dire su “A Quiet Place”, opera terza dell'attore [“JarHead”, “Away We Go” (American Life), “Promised Land”, “Aloha”, “13 Hours: the Secret Soldiers of Benghazi” (“Bay filma con nitore geometrico […] un cripto-western bellico […] forte e sentito.” - Giona A. Nazzaro - FilmTv), “Detroit”] e regista [“Brief Interviews with Hideous Men” (niente po' po' di meno che da David Foster Wallace), “the Office”, “the Hollars”, “Jack Ryan”] John Krasinski, che qui si riserva il ruolo di capo famiglia assieme alla vera moglie Emily Blunt (“My Summer of Love”, “Looper”, “Sicario”) e ai giovani e bravi Millicent Simmonds e Noah Jupe.
Sceneggiatura scritta dallo stesso Krasinski assieme agli autori del soggetto di partenza, Scott Beck e Bryan Woods. Fotografia piana e monotonica (in generale non è né un difetto né un pregio, ma una (letteralmente) qualità, né positiva né negativa: nel caso specifico...si adegua al racconto) di Charlotte Bruus Christensen [“Jagten” (il Sospetto), “Molly's Game”], montaggio buono di (ma non si direbbe) Christopher Tellefsen (“Smoke / Blue in the Face”, “Kids”, “the People vs. Larry Flint”, “Gummo”, “Man on the Moon”, “the Village”, “Capote”, “A Guide to Recognizing Your Saints”, “MoneyBall”, “Joy”), musiche d'accompagnamento e pacata sottolineatura (belle quelle finali che proseguono sui titoli di coda) di Marco Beltrami (“Scream”, “Mimic”, “the Dangerous Lives of Altar Boys”, “HellBoy”, “the Three Burials of Melquiades Estrada”, “the Hurt Locker”, “In the Electric Mist”, “SnowPiercer”, “ the HomesMan”).
Note.
Voglio una scena post-crediti in cui quel dannato chiodo viene ricacciato al suo posto in silenzio.
“Muto devi stare, muto!” - Paolo Bressan al nipote scemo Zoran/Zagor.
7.7 su IMDb (206.925 col mio 5). 82 su MetaScore. Cos'e pazz'.
Cranio a corolla, pannelli auricolari petaliformi, nudi e pulsanti timpani esposti.
Alieni (gli xenomorphi della saga di “Alien” o gli umanoidi di “Signs”) invasori? Creature di una realtà parallela (i demogorgoni di “Stranger Things”) sbucate da un varco S-T? Una “naturale” evoluzione della razza umana (“WayWard Pines”), ma accelerata per qualche motivo/ragione? Un antropocenico esperimento (epi)genetico più militare che scientifico (la saga di “Resident Evil”) sfuggito al controllo?
Le atmosfere ricordano molto il recente "It Comes at Night", con growing-up annesso e connesso, qui declinato al rimpianto/rimorso legato al senso di colpa, ma "A Quiet Place" è un film canonico, irregimentato, embedded, con qualche jump-scare, sì, ma senza guizzi.
Carino il finale (penso a “Ghosts of Mars”) carpenteriano - attendere fulmine in arrivo...ancora un po'...pfiù! -, ma nient'e nulla più.
“Shhh...! Shhh...!”
Parole: Erich Meder (tedesco) e Bert Reisfeld (inglese) – Musica: Hans Lang – Prestazioni di: Horst (Harry) Winter (singolo “und Jetzt ist es Still” del 1948) e, “It's Oh So Quiet”, di Betty Hutton (lato B del singolo “Murder, He Says” del 1951) e Bjork (4a traccia dell'album “Post” del 1995).
* * ¾ (***)
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