Regia di John Krasinski vedi scheda film
La difficoltà maggiore in una sceneggiatura è quella di creare dei dialoghi che siano allo stesso tempo: coinvolgenti e capaci di raccogliere umori, sensazioni e pensieri di coloro che le pronunciano. Ma quando hai una sceneggiatura con i dialoghi ridotti al minimo, la possibilità di annoiare lo spettatore si triplica a meno che … gli attori possiedano la capacità di espressione più intensa che ci sia.
John Krasinski, alla sua terza prova da regista, si avvale della bravura indiscutibile di Emily Blunt e si pone egli stesso nel ruolo di attore e regista di se stesso. Riduce il cast al minimo indispensabile, oltre ai due coniugi (tali anche nella vita reale, sarà anche questo il merito della sintonia che riescono a trasmettere davanti alla macchina da presa?) e ai tre loro pargoli, solo due comparse e nessun altro, e concentra l’obiettivo (quello della macchina da presa) sugli eventi che coinvolgeranno la famiglia.
E’ straordinario quanto già dai primissimi minuti, dalla prima sequenza, si possa percepire la tensione che circolare nell’aria; è talmente intensa che lo spettatore tende a trattenere il respiro per evitare di interrompere il silenzio che circonda il nulla. Tensione che è poi l’elemento portante di tutta la struttura filmica e che, solo nel finale, si scioglierà.
La bravura del regista non consiste solo nell’essere capace di catapultare lo spettatore nell’ambientazione mostrata, ma il fatto stesso di riuscire a farlo attraverso il solo utilizzo delle immagini e delle già citate capacità attoriali che possiedono tutti i protagonisti scelti, bambini compresi. Anzi, sembra assurdo ma la pellicola sembra perdere smalto in quelle poche scene in cui i dialoghi sono un po’ più presenti mentre, riprende vigore, quando il silenzio torna a farla da padrona.
Uscire dalla sala con in testa una trama ben svolta, capace di rispondere alle domande poste e con la soddisfazione che prevale, reazione obbligata quando hai la piena convinzione di aver visto un buon film, penso sia il connubio che ogni cinefilo si aspetta alla fine di una visione ma che, come ben sapete, è cosa ben rara.
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