Regia di John Krasinski vedi scheda film
Per schivare una situazione scomoda, la principale conditio sine qua non da osservare consiste nel passare inosservati, facendo in modo di rimanere fuori dal radar di chi si desidera evitare. Quando poi si parla di un vero e proprio pericolo - di qualunque natura esso sia - diventa quanto mai necessario non commettere il minimo errore, tanto che il silenzio potrebbe non essere semplicemente d’oro, ma proprio salvifico.
In tal senso, A quiet place sposta ben oltre l’asticella, pianificando nei minimi dettagli un congegno all’insegna dell’apprensione che, tra horror, dramma umano e fantascienza, dimostra di possedere un know how – tecnico e narrativo - in grado di renderlo un film appetibile a una larga fascia di pubblico, trovando inoltre una specifica identità.
Anno 2020. Il pianeta Terra è devastato dall’invasione di una specie aliena, priva della vista ma estremamente sensibile a ogni forma di rumore. Dopo circa 400 giorni dall’inizio di questo funesto attacco, i sopravvissuti sono ormai pochissimi e tra questi la famiglia Abbott non ha alcuna intenzione di rassegnarsi a quella che parrebbe essere una fine segnata. D’altronde, Lee (John Krasinski) e Evelyn (Emily Blunt) devono proteggere i loro figli Marcus (Noah Jupe) e Regan (Millicent Simmonds) e non vogliono rinunciare a guardare al futuro.
Dopo aver diretto due commedie drammatiche passate per lo più inosservate (Brief interviews with hideous man e The hollars), senza scordare il suo apporto da sceneggiatore per Promised land e tanti ruoli da semplice interprete (leggeri: Licenza di matrimonio, In amore niente regole. D’azione: 13 hours – The secret soldiers of Benghazi), John Krasinski alza – di parecchio - il tiro, mostrando attitudini insospettabili nel saldare consistenti elementi tensivi a quei sentimenti indissolubili che legano un nucleo familiare.
Così, senza discernere alcunché sull’inizio della catastrofe che ha stabilito il suo presente (anche perché sarebbe stato improbo da trattare), A quiet place trova subito coordinate solide, tra la presenza di inarrestabili creature fameliche e l’umana delicatezza dei rapporti familiari, con il frastuono dei soliti film ad effetto annichilito dalla necessità di non produrre il minimo rumore, un triplo passo indietro rispetto all’inquinamento acustico che invade ogni barriera.
Si tratta di un assetto calcolato al millesimo, con suggestioni ad abundantiam e un principio fondativo stimolante, che vede una prima parte vissuta in un terrore tenuto, a parte taluni scampoli, fuori campo e una seconda perennemente insediata sul climax della paura, per quanto ciò avvenga non senza evitare sospensioni dell’incredulità.
In ogni caso, l’esecuzione è talmente secca - e con picchi di sgomento da togliere il respiro - da rendere il meccanismo resistente, anche grazie ai rapporti in nuce, che creano un ulteriore fase di commovente immedesimazione, indubbiamente pilotata, ma efficace per far compiere al film un passo oltre alla semplice appartenenza a quell’horror fantascientifico che non ammetterebbe un futuro della razza umana.
Un risultato ottenuto anche in virtù di interpretazioni sentite. Sicuramente, il legame nella vita reale tra John Krasinski ed Emily Blunt – marito e moglie dal 2010 - aiuta, con il primo nei panni di un padre votato agli insegnamenti e al sacrificio, e la seconda in versione madre coraggio, ma poi è premiata soprattutto la scelta dei più piccoli, con Noah Jupe (Suburbicon, Wonder) e Millicent Simmonds (Wonderstruck), che dimostrano un’eloquente predisposizione alla comunicazione, anche senza poter parlare.
Già, perché poi A quiet place è praticamente un film muto, fatta eccezione per l’oasi rappresentata da una cascata, con tanto di ritorno all’essenza naturale della comunicazione dell’uomo con il nostro pianeta, che non si perde in controproducenti spiegazioni, anche calpestando di punto in bianco la logica, ma tutto rientra nell’ottica di un apparato che riprende e plasma (un mostro presumibilmente invincibile simil Predator e una soluzione che capta Mars attacks!), per certificare una tensione cospicua e il più umano coinvolgimento emotivo.
Non sarà una panacea fanta-horror, ma il risultato è di subitanea assimilazione.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta