Regia di Tony Scott vedi scheda film
Gil Renard, rappresentante di coltelli (De Niro), è un fanatico del baseball. Quando i San Francisco Giants, la sua squadra del cuore, acquistano un campione galattico (Snipes), Gil, frustrato dal licenziamento e dall'interdizione a frequentare il figlio, convoglia tutte le proprie aspettative sui successi della squadra. Da momento che questi non arrivano, prima pensa a risolvere la questione a modo suo, accoltellando a morte il rivale di squadra di Snipes (Del Toro) e quindi aspettandosi un ringraziamento dal suo mito. Disatteso, Gil rapisce il figlio del campione, fino a che le forze dell'ordine non metteranno fine al suo delirio.
In un film riuscito a metà e massacrato dalla critica americana, il meno noto dei fratelli Scott mostra più sfumature di un'America conservatrice che crede nella serietà professionale. Spines e De Niro sono le due facce delle stessa medaglia, con le medesime difficoltà: separati dalle rispettive mogli, attaccati ai loro figli, rifiutati nell'ambiente di lavoro, fan nel titolo americano e mito in quello italiano (con l'accento che quindi si sposta dall'uno all'altro). E se il film convince nelle premesse, quando viene delineato il profilo di un fanatico che riversa nello sport le proprie delusioni e la propria aggressività, nella seconda parte il registro thriller ne sfalda la complessità, per ridurre De Niro ad un ordinario psicopatico, come già lo si era visto in Mean streets e Cape Fear, assai diverso dal fanatico simpaticone del Re per una notte di Scorsese. Cammeo per Aaron Neville che intona le note di Star spangled banner.
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