Regia di Andrea Tagliaferri vedi scheda film
Bonnie e Clyde sono due fratelli perennemente sul crinale dell'incesto, anonimi come i nomi che non hanno. Vivono tra il delta del Po e i dintorni di Faenza, rubano in sacrestia dopo aver preso l'eucarestia e passano la loro vita nella totale inattività, tanto papà (Gioielli) ha un sacco di soldi. Il problema è che quando muore la mamma il testamento è interamente a favore del genitore. I due allora, complice un amico (Alpi), moltiplicano per due il coefficiente Pietro Maso e mandano al creatore il padre e la sua compagna (Cevolani), nell'attesa di mettere le mani sull'eredità. Nel frattempo, non avendo altro da fare, coinvolgono nelle loro scorribande un'inconsapevole cameriera (Gioli), sparano e mietono un'altra vittima.
Irritante esordio di Andrea Tagliaferri sotto l'inspiegabile egida produttiva di Matteo Garrone: movimenti di macchina con piani lunghissimi e insistite sequenze immobili sembrano voler sottolineare, insieme a una musica tanto onnipresente quanto irritante, il mondo senza valori dei due protagonisti (Fabrizio Falco - espressione stolida perennemente piantata sul viso - era stato il protagonista de Le ultime cose; Agnese Claisse - caricaturali occhi extralarge da manga giapponese - si era vista ne Io, loro e Lara), che impersonano due figli di papà nichilisti e saprofiti. Il loro mondo di provincia viene raccontato in forma di road movie con il gusto del repellente fine a sé stesso e con un respiro narrativo asmatico, piano di ellissi, pressoché privo di dialoghi e senza la minima attenzione alla plausibilità della storia, con personaggi monodimensionali fuori dal tempo e con inutili sottolineature sulla "devianza" delle abitudini sessuali (lei, giusto per aggiungere un po' di pepe, è anche lesbica). Un autentico scult.
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