Regia di Gianni Zanasi vedi scheda film
La prima cosa che viene da chiedersi dopo la visone dell’ultimo film di Gianni Zanasi e se, in quest’epoca così frenetica e anaffettiva, ad allontanarci dalla fede sia la mancanza di tempo o piuttosto la paura delle conseguenze che questa potrebbe avere sulla fittizia razionalità con cui crediamo di arginare la nostra esistenza emozionale.
Per tutta la durata si analizza il rapporto con la fede che ha la protagonista Lucia, e che rappresenta un modo così comune che permette a tutti gli spettatori di immedesimarsi. C’è diffidenza più che incredulità, quel modo con cui Lucia contrasta la gentilezza della Madonna che le appare, non può fare a mano di accostarsi ai rozzi modi che spesso incrociamo quando ci rivolgiamo a qualcuno; la frustrazione sfogata senza mezzi termini verso colui o colei, come in questo caso, che si dimostra essere “migliore” di noi.
Ma Troppa Grazia non è un film religioso o almeno non sembra volerlo essere. Nonostante alcune scene siano costruite per farci intendere la “santità” che, per forza di cose, finisce per contenere. Ne è un esempio la scena in cui Lucia rientra a casa, dopo l’apparizione, e mentre entra, alle sue spalle, la investe una luce aurea o piuttosto la scena dell’acqua che invade la città, che ha quel-non-so-che di miracoloso.
Oltre a queste scene però, l’intento del regista sembra più quello di voler evidenziare quanto l’aspra realtà giornaliera finisca per andare in contrasto con la bontà di cui alcune persone sembrano investite. Quasi a voler spiegare anche la conseguente trasformazione di tale bontà in “incattivimento”, attraverso la metamorfosi dell’essere più divino, laddove la pazienza sembra essere il limite di tutti, santi compresi.
Alba Rohrwacher che sembra sempre azzeccare un ruolo dopo l’altro, in realtà è molto più brava che fortunata. La sua Lucia è impeccabile. Frustrata come una qualsiasi donna e come una qualunque donna votata alla sopravvivenza, alla costante ricerca di una svolta, che non ha mai tempo per nulla, figuriamoci per credere a quello che sta vedendo. Non ha tempo … ma non smania. Mai. Non ci investe della sua insofferenza ma ci lascia solo il permesso di osservarla e di identificarci negli effetti che più ci avvicinano a lei. Di questo la Rohrwacher è interprete perfetta, per il suo modo di recitare che finisce per associarsi alla dolcezza del suo volto, sempre così pacato e gioioso, nonostante tutto.
Una pellicola diversa. Che si differenzia per il coraggio di osare ma anche per le inquadrature estese che utilizza Zanasi, che ci permettono di connetterci con la nostra interiorità ma mai fino in fondo. Non è un film che fa riflettere, però è un film che ci permette di prendere coscienza di ciò che siamo diventati.
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