Regia di Tinto Brass vedi scheda film
Una cretinata, un film senza capo né coda. Non c’è un senso, ma da questo flop di Sonego (soggetto e sceneggiatura) si salvano, comunque, soprattutto due cose. La prima è l’interpretazione di Sordi, come sempre magistrale, qua moltiplicata in quattro personaggi. Di questi, degni di nota sono soprattutto il prete ubriacone e buono, e ancor di più il giovane conte omosessuale. L’altra è la festa finale: un bell’affresco sensuale e godereccio, dissoluto e dissipato, con una sua qual certa eleganza, aiutata dal bianco e nero, che attinge al clima festaiolo di Venezia. Clima che sotto pelle percorre tutto il film, ambientato nella provincia veneta, e che del resto è pietra miliare del regista, un Tinto Brass trentenne, qui alla prima prova, non ancora appiattito sui cliché erotici.
L’insistenza sui marziani, perno del film, e allora (nel ‘63) in grande voga, è del tutto gratuita e insignificante. Pur sprecate, lodevoli le musiche di Piccioni, la fotografia e la recitazione collettiva. Nemmeno lontanamente paragonabile a quel capolavoro di Germi “Signori e signore”, successivo (del ’65) altro affresco sui limiti della campagna veneta.
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