Regia di Alessio Cremonini vedi scheda film
Il film di denuncia su tragedie di cronaca nera come quella di Stefano Cucchi è uno dei generi in assoluto più difficili, perché facilmente si scade nel ricatto emotivo e nelle semplificazioni. Il regista Alessio Cremonini ha fatto un lavoro dignitoso, attenendosi alla cronaca per quanto possibile, cercando un punto di vista obiettivo che non santificasse il protagonista e che riuscisse a conferire il giusto spessore drammaturgico a una vicenda tra le più vergognose della recente storia italiana. Ci è riuscito in buona misura, con uno stile da docudrama che guarda a modelli illustri come "Hunger" di McQueen, citato esplicitamente in una panoramica su un muro del carcere che ricorda la stessa immagine della prigione in cui era detenuto Bobby Sands, ma forse con qualche lungaggine nella parte familiare dei parenti di Stefano che scoprono troppo tardi la terribile verità. Ottima la prestazione di Alessandro Borghi che conferma il suo notevole talento di attore, già messo a frutto in film come "Suburra" di cui riprende lo slang romanesco piuttosto stretto; non male alcuni degli attori di contorno come Max Tortora e Milvia Marigliano nella parte dei genitori, mentre Jasmine Trinca non ha molto spazio nel ruolo comunque importante della sorella. Un film per certi versi necessario, a cui manca qualcosa per diventare davvero memorabile, e forse la produzione Netflix ha giocato abbastanza nel taglio un po' da fiction televisiva di alcune scene. Io credo che la versione della vicenda fornita dal film sia attendibile, con alcuni particolari ovviamente romanzati, per esempio quando Stefano dice che è "sperante" in riferimento alla sua fede in Dio, ma nel complesso vicina ad una verità ancora scomoda e dolorosa. Da vedere, sapendo che sarà una visione carica di sofferenza.
Voto 7/10
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