Regia di Alessio Cremonini vedi scheda film
Come il mio nick-name riporta, è facile capire sul caso Cucchi da che parte sono schierato, e grazie a questo film Sulla mia pelle di Alessio Cremonini (2018), ho potuto sfruttare finalmente Netflix (abbiamo una condivisione a 4, e sino ad ora avevo buttato solo soldi, poiché lo trovo inutile) per vedere finalmente un film prodotto da loro, dopo che avevo utilizzato tale piattaforma solo per vedere un paio di vecchi film e qualche documentario (Non vedo serie tv, perché non le apprezzo per niente).
L'approccio adoperato dal regista è quello del documentario-cronachistico, scegliendo di seguire i 7 giorni che portarono Stefano Cucchi alla morte in carcere in circostanze ancora poco chiare per esperti e periti, ma alla fine abbastanza palesi sotto gli occhi di tutti. Che la vicenda si concluda tragicamente, lo annuncia già l'inizio del film che si apre con un'inquadratura di buio pesto, che disvela la luce quando si apre la porta della camera della clinica del penitenziario rivelando il corpo oramai esanime del ragazzo. Il nero preannuncia il lutto e la morte per ogni norma elementare dello stato di diritto, andando dagli agenti di polizia complici del pestaggio, al giudice sino al personale medico della clinica carceraria. Inizialmente Cremonini fa’ abbondante utilizzo della macchina a mano, che segue alcune fasi della giornata del protagonista appena precedenti all'arresto. La scelta registica conferisce precarietà all'immagine restituendo un ambiente non perfetto (famiglia sfiduciata verso un figlio che è caduto varie volte nella tossicodipendenza, amicizie non sempre chiare e una precarietà esistenziale che Cucchi cerca di superare a fatica), che segue però parimenti l'imperfezione colma di umanità di Stefano Cucchi (Borghi). Ne esce un'Italia oscura e malata per via di una routine burocratica, che coinvolge tutti coloro che fanno parte delle istituzioni; i pestaggi sembrano essere prassi istituzionalizzata in taluni caserme, così come l'omerta’ che vi gira intorno (la classica giustificazione della “caduta dalle scale") e chi dovrebbe vigilare su certe cose, si ritrova sommerso da tante carte, processi giornalieri che meccanicamente si susseguono come in una catena di montaggio, da non poter prestare attenzione neanche a chi si trova innanzi. Il continuo rimpallo di responsabilità le varie guardie, è subordinato al non avere problemi personali con la legge, perché sono tutti consci di come il sistema creato debba andare avanti così com'è.
In tutto questo, il corpo sempre più martoriato di Cucchi viene costretto in spazi sempre più angusti e spogli, sino ad essere relegato infermo su un letto. Borghi tiene su un film che non è perfetto grazie ad una prova attoruale monumentale, dove mette in scena un ragazzo che sembra uscito dal mondo del sottoproletariato urbano tanto santificato da Pasolini nei suoi film. Il suo dolore è prettamente immanente e per questo lancinante, poiché non può esternarlo visto che non riceverebbe alcun supporto e comunque, è così distrutto e annichilito, da fare fatica anche a parlare, tanto da poter trovare sollievo solo nel buio delle allucinazioni. Peccato che il regista non resista alla tentazione di mettere in scena un paio di momenti melodrammatici che servono solo ad enfatizzare la prova dell'attore, quando la solitudine del dolore di Cucchi avrebbe dovuto essere totale. Purtroppo l'elemento cronachistico, mostra il fianco alle parti fiction con le troppe scene dedicato ai familiari angosciati, che sono non solo le sequenze tecnicamente e narrativamente più televisive, ma finiscono per legare troppo all'attualità ed al particolare una vicenda che avrebbe dovuto essere un incubo kafkiano individuale. Tutto sommato un discreto film di impegno civile, con qualche scivolone didascalico e difetti vari, ma alla fine tutto sommato meglio di quel che pensavo, visto che pensavo uscisse fuori un film veramente deludente. Borghi se fosse stato americano, sarebbe già in cima alla lista per una nomination agli Oscar; anche perché la sua performance andrebbe fatta studiare a chiunque voglia interpretare ruoli del genere senza scadere nella macchietta. Una giustizia ci sarà per il povero Cucchi? È difficile pronunciarsi in proposito, di certo è un controsenso che il sistema distorto che ne ha cagionato la morte, dovrebbe essere punito dal sistema medesimo; l'unica possibile giustizia per Cucchi è quella derivante dall'anti-sistema, sola entità che può mettere sul banco degli imputati il sistema.
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