Regia di Alessio Cremonini vedi scheda film
Stefano Cucchi è un bravo ragazzo di famiglia modesta, un giovane geometra che frequenta la palestra di quartiere per fare pugilato e che non manca alla messa del pomeriggio; ma Stefano Cucchi è anche un piccolo spacciatore che una sera viene arrestato dai carabinieri mentre è in macchina con un amico. Dopo un primo interrogatorio viene predisposta una perquisizione in casa dei genitori di Stefano, che nel pieno della notte vengono a scoprire così che nonostante il percorso in comunità, il figlio non é ancora uscito dal tunnel della droga come speravano, ma che è ancora dipedente da sostanze stupefacenti. L'atteggiamento spavaldo di Stefano indispettisce i militari che dopo aver convalidato l'arresto lo portano in un stanza e lo riempiono di botte. Una gran scarica di legnate che non ci viene mostrata nel suo compimento, ma che rimane scolpita sul corpo martoriato di Stefano. Lividi vistosi sul viso, un dolore lancinante alla schiena che a malapena lo fa camminare. Così malconcio si presenta alla prima udienza davanti al giudice. Stefano non denuncia le percosse per paura: con un avvocato d'ufficio, con davanti i carabinieri che lo hanno pestato poche ore prima, in attesa di giudizio, non se la sente di mettersi contro chi può peggiorare la sua situazione giudiziaria. Stefano viene condannato per direttissima, al cospetto del padre incredulo (un bravissimo Max Tortora) che vedendolo in quello stato pensa che sia stato "menato" da un detenuto. Stefano sta male, "il dolore è traditore, viene fuori piano piano" gli dirà un compagno di cella albanese, saranno proprio i compagni di cella occasionali di Stefano a dargli quel minimo di conforto necessario a superare le lunghe ore di agonia che lo attendono. I genitori e la sorella di Stefano non riescono a mettersi in contatto con lui nè a fargli visita nell'ospedale carcerario Sandro Pertini nel quale è stato (finalmente) ricoverato. Stefano viene letteralmente rimpallato da un posto all'altro, nessuno si prende la responsabilità di accertarsi cosa sia veramente accaduto a questo ragazzo dal viso tumefatto che a mala pena si regge in piedi. Stefano non si aiuta, è vero: rifiuta le cure, confessa e ritratta il pestaggio a seconda di chi si trova davanti; è più preoccupato per una eventuale scoperta da parte dei carabinieri della roba che tiene ancora nascosta nella sua abitazione. Stefano è confuso, dolorante, sofferente e infine agonizzante. I medici si limitano a somministrare antidolorifici e a fare prelievi, constatano il continuo peggioramento, senza prendersi la responsabilità di effettuare cure appropriate per le vertebre rotte e per tutte le conseguenti complicazioni. Non faccio spoiler rivelando che Stefano Cucchi muore il 22 ottobre del 2009, solo e dolorante, tutti i media hanno riportato al tempo le tristi vicende di Stefano e la lotta che la sua famiglia ha fatto per ottenere giustizia, se qualcuno ancora non ne fosse a conoscenza se ne dovrebbe solo vergognare e porsi qualche domanda.
Avevo paura riguardo questo film, avevo paura che ne facessero una patetica storia giudiziaria, o peggio che si adagiassero ad un facile compatimento nei confronti della vittima e della famiglia. Non è così. Quello che non ci viene mostrato, il barbaro pestaggio, è la più alta testimonianza di rispetto verso Stefano. Le ferite di Cucchi le abbiamo ben impresse nella memoria grazie all'impegno della sorella Ilaria che si è battuta come una leonessa mostrando le fotografie del fratello morto in ogni occasione possibile. La regia sobria e attenta di Cremonini cerca di mostrare quello che ancora ( forse) non si era visto, ovvero l'indifferenza, l'irresponsabilità di chi avrebbe potuto aiutarlo e non l'ha fatto per paura di compromettsi, ma anche di chi ha cercato di stargli accanto con una parola di conforto o un consiglio da detenuto. Forse questo può essere d'aiuto a chi in quei terribili giorni ha cercato di essergli vicino e non vi è riuscito per questione di meschina burocrazia.
Cremonini cerca in tutti i modi di sottolineare il continuo disagio in cui sprofonda Stefano, a partire dal tunnel stradale che imbocca la macchina dei carabinieri con lui a bordo subito dopo il fermo, fino al trasporto in autoambulanza su una strada piena di buche che fanno urlare di dolore uno Stefano oramai allo stremo delle forze. Stefano è stato ucciso dal pestaggio di carabinieri senza scrupoli, verissimo, ma anche da un contorno di personaggi meschini degni di un girone dantesco. Stefano si difende come può, rifiutando addirittura le cure pur di poter parlare con il suo avvocato; tutto sarà inutile, il risultato sarà un percorso finale su una barella che vacilla ancora su un pavimento sconnesso dell'obitorio. Stefano non si lamenta più però, perché morto.
Alessandro Borghi è Stefano Cucchi, non solo nel corpo (assomigliante in tutto), ma soprattutto nello spirito ferito e nell'anima fragile che per prima lo ha condannato ad una vita difficile ed infine ad una morte violenta. Bravissimi Milvia Marigliano e Max Tortora rispettivamente la mamma e il padre di Stefano, che aggiungono alla storia quella componente umana necessaria a rendere lo spettatore completamente coinvolto nelle loro vicende. Jasmine Trinca è Ilaria Cucchi, che nel film rimane quasi un personaggio marginale, ma che nella vera storia è stata determinante per ottenere visibilità, un minimo di giustizia per il fratello e per i tanti come lui che non hanno avuto la fortuna di avere una famiglia alle spalle che li difendesse, da vivi o da morti.
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