Regia di Gustav Möller vedi scheda film
Torino Film Festival 36 – Concorso Torino 36.
A svolgere il proprio lavoro cercando sempre la soluzione migliore e mai quella di comodo, per giunta senza guardare l’orologio quando alla fine del turno manca poco, si corre il serio rischio di essere vittime di un esaurimento nervoso, ma è anche l’unico modo per garantire che il servizio offerto sia efficace e soddisfacente.
Purtroppo, nessuno è perfetto e quando si avvia un’interlocuzione con più soggetti contemporaneamente, entrano in gioco una serie di fattori impossibili da controllare fino in fondo. A ogni modo, se di mezzo ci sono delle vite umane e il tempo a disposizione scarseggia, un vero uomo si butta a capofitto nella questione aperta, senza lasciare nulla di intentato.
In seguito a un incidente occorso durante un’operazione di polizia, l’agente Asger Holm (Jakob Cedergren) è stato relegato alla centrale telefonica del pronto intervento di Copenhagen, in attesa che sul caso sia fatta chiarezza.
La mansione non soddisfa affatto Asger, ma quando riceve la chiamata di Iben, una donna che, chiaramente provata, afferma di essere stata rapita e di sentirsi in pericolo di vita, andrà oltre il suo incarico pur di salvarla.
Nonostante gli sforzi profusi, la situazione sembra non poter far altro che precipitare.
Sviluppato in tempo reale, scelta che amplifica la sensazione di assistere a un procedimento serrato, The guilty è un thriller che parte in medias res, per poi fermentare senza perdere alcun colpo, per lo meno quando si parla di frequenza del movimento e livello di ansia.
Un doppio punto di forza che scaturisce da un’impostazione attuativa assai vicina a quanto visto nel quotato Locke. Entrando nello specifico, i fari sono concentrati su un unico personaggio, il solo che con le sue azioni può cambiare le sorti della vicenda, collocato in una singola unità di luogo, con una linea di comunicazione rovente come strumento decisivo.
Di conseguenza, le parole e i pensieri surclassano le azioni e le immagini, rendendo chiaramente come sia difficoltoso capire al volo persone sconosciute, quanto possa essere snervante dover prendere decisioni capitali in una manciata di secondi mantenendo una ragionevole distanza, con il protocollo inevitabilmente in contrasto con le necessità del momento, nondimeno variabili in maniera subitanea.
Elementi che mescolati scatenano una considerevole pressione psicologica, riversata su chi guarda in virtù di un meccanismo che alza la posta in gioco, tra rivelazioni spartiacque e confessioni in crescendo, per quanto talvolta si ricorra a soluzioni non così imprevedibili, soprattutto da parte degli spettatori più navigati.
Ciò detto, per mantenere la tensione su standard elevati, Gustav Möller non riempie tutti gli spazi a disposizione, ma il risultato complessivo rimane compatto, in grado di originare un groppo in gola occludente e quindi coinvolgere umanamente, anche grazie a una transizione assolutamente consapevole dell’importanza di non tirare troppo la corda (da qui, una saggia durata che sfiora i novanta minuti).
Affilato e intensivo, nonostante non sia esente da incongruità.
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