Regia di Gustav Möller vedi scheda film
Una chiamata al pronto intervento; la voce di una donna, la tensione che corre lungo il telefono: unico legame tra la vittima, il suo salvatore. E lo spettatore. Buon thriller costruito tutto sulla suggestione.
La versione danese di Locke, per tanti versi. Anche qui la tensione è costruita tutta sulla suggestione dello spettatore: c'è praticamente un solo attore, due o tre comparse con poche battute e alcune voci fuori campo al telefono. Tutta la scena viene solo immaginata, la tensione è puramente psicologica; il protagonista è un poliziotto che lavora al centralino e gestisce le chiamate di soccorso, una delle stesse è di una donna che afferma di essere stata rapita. L'agente cercherà di scavare a fondo alla faccenda, farsi dare dei dettagli per rintracciare il mezzo in cui è trattenuta e persino contattare la figlia della donna, sola in casa col fratellino neonato. Molte cose risulteranno diverse da come apparivano, crudelmente diverse. In maniera implacabile le misure adottate dal poliziotto si ritorceranno contro di lui - complice la scarsa conoscenza dei fatti e un forte eccesso di zelo. Girerà a vuoto, fino al finale - tutto sommato assolutorio.
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