Regia di Gustav Möller vedi scheda film
CINEMA OLTRECONFINE
Una sera come tante, nel commissariato di Copenaghen, il poliziotto Asger si prodiga ad ascoltare le chiamate di aiuto presso il pronto intervento presso cui egli lavora: un'attività che lo vede impegnato in prima persona, ma solo a livello telefonico: in diretta con l'epicentro del problema o l'urgenza cruciale da risolvere, ma schermato da un cavo che ne impedisce la percezione tattile, a volte determinante per consentire di risolvere l'emergenza.
Una chiamata come tante, riesce a trasformarsi in un vero e proprio rompicapo che metterà a dura prova il peraltro già ampiamente collaudato sistema nervoso e l'abilità intuitiva dello zelante poliziotto, coinvolto suo malgrado in un contrasto familiare che, percepito nei dettagli solo attraverso la cornetta telefonica, finisce per celare quei particolari indispensabili per mettere in grado il tutore della legge di avere la corretta panoramica su un truce affare di legami familiari allo sbando.
Addentrarsi ulteriormente nei particolari dell'intricante mistero che si cela dietro quell'emergenza, è in questa sede vietatissimo, soprattutto per non compromettere un elemento essenziale come è, in questo caso, la suspence che rende complice lo spettatore dell'acuto e sensibile protagonista.
The Guilty, opera prima di natali danesi, ad opera di un giovane e brillante regista e sceneggiatore trentenne svedese di nome Gustav Moller, conserva con fierezza quella unità di luogo e d'azione a cui solo una calibrata tensione, calcolata nei minimi particolari, riesce a garantire il mantenimento di una tensione che diviene il perno centrale di tutta l'impalcatura narrativa.
Ciò consente anche al film, tutto o quasi esercizio scrittura e primo piano su pezzi di volto del protagonista (un valido Jakob Cedergren, attore svedese naturalizzato danese che avevo già incontrato in Submarino di Thomas Viterberg) , di svilupparsi con costi contenuti, che rendono il prodotto finito ancor più apprezzabile e riuscito, mettendo in condizione lo spettatore di darsi a tempo debito una risposta di sollievo utile a dipanare tutte le incalzanti incognite che la singolare narrazione via cavo alimenta nel suo percorso percettivo costringente e limitante.
Senza necessariamente scomodare il Coppola magistrale de La Conversazione, restando tuttavia in zona prettamente "audio", accettando pertanto i rischi di una sfida dura ed ardua per un'arte tipicamente visiva qual è tradizionalmente il cinema.
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