Regia di Sergio Rubini vedi scheda film
Dalla sommità delle case di Taranto si respira l'aria della marginalità e della 'Fabbrica' per antonomasia.... come sospesi sulle vicende terrene, prossimi al grande Cinema.
Da una rapina finita male, condotta da un gruppo di 'sporchi' malavitosi raffazzonati, si sprofonda in un limbo di visionarietà riprodotto dall'alto.
Una pellicola nella quale regna la 'verticalita', il disagio, la follia.
Ottimi momenti al limite del cinema ‘off’, finalmente dall’Italia una pellicola coraggiosa, che evita l’ammiccamento ed il compiacimento verso il pubblico, che presumo abbia snobbato questa perla.
La commedia si riempe di poesia e di cinismo, senza scomodare paragoni ingombranti dove qualcuno potrebbe, sbagliando, ricordare Pasolini.
Un film 'diverso' che ha sullo sfondo ben visibile la realtà turbolenta e 'inquinante' della precarietà di un certo mezzogiorno e per estensione dell'intero Paese.
Personaggi luridi, barbuti e puzzolenti, naif o border-line.
Un Sergio Rubini ispirato sia come attore che come regista, evita qualsiasi forma di lirismo o piaggeria, come l’happy end, e dirige un Rocco Papaleo (per il sottoscritto fino a ieri un signore prestato immeritatamente al cinema, alla tv ed alla musica) in grande spolvero che interpreta un personaggio che potrebbe ricordare l’autoritratto di Van Gogh come il simbolo puro della pazzia, della solitudine e della marginalità.
Veramente una bella sorpresa
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