Regia di Lars von Trier vedi scheda film
"Le onde del destino" è un film del 1996 diretto dal regista danese Lars Von Trier,primo film di una ideale trilogia, a cui seguiranno i film "Gli idioti" e "Dancer in the dark", incentrata su tre protagoniste femminili dal cuore d'oro sovrastate da un mondo di dolore e malvagità a cui tentano disperatamente di opporsi.
Questa prima opera è ambientata in una remota cittadina della Scozia degli anni'70 ed ha come protagonista Bess, una giovane donna cresciuta in un ambiente estremamente rigido e conservatore, dove la religione si impone come un dogma assoluto a cui risulta indispensabile sottostare, per poter essere accettati dalla comunità locale.
Il film si apre con un breve prologo, con un primo piano della protagonista che si trova in chiesa, davanti agli anziani del luogo, chiamata a motivare la sua scelta di prendere come marito Jan, un uomo esterno alla comunità e di cui gli abitanti del villaggio non conoscono nulla. Bess non dice loro molto, solo che il suo futuro marito si chiama Jan, viene da fuori, e lavora su una piattaforma petrolifera. Alla domanda "sai dirci cosa sia il matrimonio?" Bess risponde dicendo "E' quando due persone sono unite in Dio". Su questa affermazione, viene fatta uscire, così che gli anziani possano consultarsi tra loro. Qui avviene uno sfondamento della quarta parete, con la protagonista che fissa lo spettatore dritto negli occhi, volgendo lo sguardo verso la macchina da presa, invitandoci a prendere parte in prima persona a quanto stiamo per vedere, facendondoci sentire non degli spettatori passivi, ma coinvolti direttamente nella vicenda.
Comincia così il film vero e proprio, diviso in sette capitoli più un epilogo, dove ogni capitolo viene aperto da uno scorcio paesaggistico della Scozia accompagnato da un brano pop anni 70' con una colonna sonora che spazia tra David Bowie,Leonard Cohen, Deep Purple, Jethro Tull ed altri. Bess riceve così il permesso di sposare Jan e i due si uniscono in matrimonio poco dopo. In questa scena incontriamo Dodo, cognata di Bess, sposata con il fratello di quest'ultima prima che morisse improvvisamente. Dodo e Bess sono diventate molto vicine grazie al dolore della perdita di una persona cara a entrambe e Dodo sembra essere quella che , in un certo senso, abbia aiutato Bess a superare il momento difficile di un lutto familiare. Il loro è un legame molto forte che non sembra appartenere a nessun'altro.
Poco dopo la cerimonia i due sposi si trovano soli in bagno e qui Bess chiede a Jan di consumare il suo primo rapporto sessuale:la ragazza è infatti ancora vergine, conserva una certa innocenza che appartiene più ad una ragazzina che ad una donna adulta. Il suo rapporto con la sessualità e il suo corpo è infatti ancora acerbo, a causa del rigido ambiente in cui è cresciuta. La sua relazione con Jan le dà l'occasione di concretizzare il suo amore con una dedizione assoluta verso il marito. Il suo sentimento d'amore è puro e Bess dona tutta se stessa all'amato, fisicamente e spiritualmente. Il rapporto sessuale non è altro che la manifestazione fisica del loro sentimento.
Il nudo è mostrato senza timore, con estrema naturalezza. In questo il regista si allontana decisamente dal pudore del cinema hollywoodiano, che tende a nascondere il corpo, come se ne avesse vergogna. Qui siamo più vicini ad un'estetica pasoliniana, dove il corpo è mostrato senza alcun timore in tutta la sua naturalezza.
Bess però è una persona fuori dal comune:la vediamo infatti in chiesa intenta a parlare con Dio:la sua fede è così forte che è convinta che il suo incontro con Jan sia stato voluto dalla coscienza divina. "Ti ringrazio per il più grande dono di tutti. Il dono dell'amore". Von Trier sembra qui volere omaggiare Carl Dreyer, uno dei suoi autori di riferiemento: non è difficile notare una certa similitudine con il film "La passione di Giovanna d'Arco" del 1928 in cui la protagonista dimostra la propria incrollabile fede in Dio, fino al punto di sacrificare se stessa pur di non negare che Dio stesso l'aveva mandata a condurre la battaglia contro gli inglesi per scacciarli dalla Francia. Una martire che perferì la morte sul rogo alla rinnegazione del proprio credo.
Ma i bei tempi sono destinati a finire quando Jan è costretto a tornare a lavorare sulla piattaforma, costringedolo così a stare lontano dall'amata. Per Bess il dolore della separazione è insopportabile e tenta invano con tutte le forze di convincere il marito a non partire.(SCENA MINUTO 35)Si affida così a Dio supplicandolo di rimandare il marito da lei " sei sicura che è quello che vuoi?" chiede Dio, e Bess risponde di si, che non può più aspettare il suo ritorno. è la scena madre del film, perchè dopo di che assistiamo ad un incidente sulla piattaforma petrolifera dove Jan viene colpito violentemente alla testa, cadendo a terra privo di sensi. Ricoverato in ospedale veniamo a sapere che potrebbe non camminare mai più rimanendo paralizzato a vita. La notizia sconvolge la donna che tenta in tutti i modi di aiutare il marito, facendolo sentire amato come prima. Ma le cose non sono più le stesse:il fatto di essere paralizzato in un letto impedisce a Jan di unirsi fisicamente con la moglie e per lui questo è il più grande dei dolori. Averla accanto a se ma non poterla amare più allo stesso modo di prima.Solo l'amore di Bess può dargli la voglia di vivere, è più di quello che qualunque medico possa fare.
A questo punto Jan implora Bess di fare una cosa:vuole che lei abbia dei rapporti sessuali con altri uomini, per poi tornare da lui a raccontarglieli:in questo modo sarà come se i due fossero ancora insieme. Questo lo potrà tenere in vita. La richiesta lascia Bess incredula, non può pensare di fare l'amore con qualcuno che non sia suo marito, ma di fronte alla disperata richiesta d'aiuto di Jan alla fine accetta.
Comincia così un vero e proprio martirio spituale per la donna che si trova a vivere un conflitto cosmico: sente la voce di Dio che le promette che se esaudirà il desiderio di Jan allora lo lascerà vivere. Un atto di fede cieco e assoluto. Sacrificare se stessa per la vita dell'amato.
Il film si pone come una grande riflessione sull'animo umano, su come esso possa essere privo di malvagità e colmo di altruismo, anche se rare sono le persone che pissiedono questa qualità. Bess non è altro che un' ingenua si potrebbe dire. Vive in un mondo suo da dove riesce a prendere la sua incredibile forza attraverso un sentimento puro che non può esistere nel mondo reale e la convinzione che non possa esistere nulla aldilà del bene. "the golden heart trilogy" prende spunto da un racconto che il regista lesse da bambino: si raccontava la storia di una bambina persa nel bosco, che rinuncia a tutto ciò che possiede per donarlo a quelli che ne avevano più bisogno. E' difficile non notare come questo racconto abbia delle implicazioni religiose che hanno evidentemente influenzato il regista nella stesura della sceneggiatura del film.
Bess è come Cristo:una persona che si sacrifica per amor di qualcun altro. Non bisogna però commettere l'errore di pensare che Von Trier sia un fervido credente, tutt'altro:il regista è dichiaratamente ateo, la sua è una provocazione che colpisce nel segno. Può una donna che decide di prostituirsi essere considerata una santa? La risposta sembra essere si. In una scena vediamo Bess che, dopo aver masturbato, un uomo su di un autobus implora il perdono divino per il suo peccato e una voce le risponde dicendole che non deve preoccuparsi , anche Maria Maddalena ha peccato ed ora è seduta accanto a lui tra i suoi amati.
Il film sembra inoltre essersi ispirato anche a decalogo 9 di Kieslowski, dove un uomo , dopo aver scoperto di essere impotente, cercava di convincere la moglie a tradirlo con altri uomini, per poter provare ancora le sensazioni dell'amore fisico. Inizialmente la donna nega che l'impotenza del marito rappresenti un problema in quanto "l'amore non è un pò di ginnastica nel letto una volta a settimana". Ma ben presto si viene a sapere che la donna lo tradisce veramente in segreto con un uomo più giovane. Da qui la profonda crisi dei due che si interrogano sulla natura dell'amore e su come essa possa o meno limitarsi ad una relazione spirituale che escluda la dimensione fisica.
Ne "le onde del destino" Lars Von Trier pone le stesse domande per arrivare però ad una conclusione che va oltre la semplice sfera umana:qui si esplora il territorio del mistico, attraverso un martirio volontario, per arrivare ad un' ascesi divina che si manifesta nell'epilogo del film, in una scena che però non voglio rivelare, lasciandovi il piacere di scoprirla da voi.
Sotto l'aspetto registico il film risente enormemente dell'influenza del manifesto dogma 95, di cui Von Trier è uno dei fondatori, distaccandosi dai primi film del regista, dominati da un rigido formalismo nella messa in scena. Il manifesto si pone come una sorta di codice che i registi sono tenuti a seguire, rinunciando a tutto quello che secondo i fondatori del dogma, ha ormai corrotto il cinema contemporaneo, come l'utilizzo di effetti speciali, di musica extra-diegetica,di set precostruiti e di luci non naturali.
In realtà nel film vengono violate diverse regole del manifesto, in quanto esso non deve essere inteso come una serie di norme alle quali sottostare passivamente. Al contrario esse possono essere violate, se lo si ritiene oopurtuno per la buona riuscita della pellicola.
Quello che realmente conta è liberare il cinema da ciò che è superfluo per portare la storia e i personaggi in primo piano. Questo potra riportare il cinema alla sua vera natura di arte, allontanandolo da quello di semplice prodotto commerciale. Visto sotto questa luce, il film di Von Trier non tradisce lo spirito alla base del movimento dogma 95, pur aggirandone alcune regole. l'influenza di Dreyer e della sua giovanna d'arco si fa sentire anche nell'utilizzo prolungato dei primi piani degli attori, che impediscono di far perdere la concentrazione allo spettatore con qualche stacco di montaggio, facendo perdere di intensità drammatica alla scena. L'utilizzo della camera a mano poi, oltre ad essere tipico dello stile dogma, consente una grande libertà di movimento, permettendo così al regista di spostarsi liberamente all'interno delle scena.
Riguardo il montaggio, è interessante notare come il regista non segua le regole convenzionali della continuità visiva. Vediamo infatti come l'asse del campo venga spesso deliberatamente scavalcato. Secondo il linguaggio cinematografico si tratterebbe di un errore che fa perdere allo spettatore la percezione dello spazio filmico e il collocamento dei personaggi al suo interno. In questo caso però si tratta di un errore voluto. Il regista e il montatore hanno spiegato che questa scelta è dovuta al fatto di aver utilizzato un "montaggio emozionale", ovvero un tipo di montaggio che, prendendosi una sorta di licenza dalle rigide regole di regia, sceglie di montare le scene scegliendo le migliori riprese tra i vari ciak effettuati,anche se questo comporta lo scavalcamento dell'asse del campo. Questo per valorizzare meglio le interpretazioni degli attori che, avendo grande libertà di improvvisazione sul set,non giravano mai una scena allo stesso modo.
Emily Watson, l'attrice protagonista alla sua prima esperienza nel mondo del cinema, ricorda come Lars von trier le avesse detto di non puntare mai a recitare una scena in un determinato modo, ma di lasciarsi andare rendendo il tutto più spontaneo e credibile per lo spettatore.L'attrice ha anche raccontato di come il regista le tenesse la mano durante una scena particolarmente difficile da girare, e di come lui stesso soffrisse insieme a lei arrivando anche sul punto di piangere. A giudicare dal risultato finale, il suo consiglio funzionò, in quanto l'attrice , seppur esordiente nel cinema, regalò un' interpretazione memorabile, rimanendo negli annali della storia del cinema per l'intesità data al suo personaggio.
Il film fu accusato di misoginia per le molte scene di natura sessuale, dove la donna sembra dover sottostare ai desideri degli uomini. Ma a ben vedere questo è solo l'aspetto superficiale della questione:il regista provoca di proposito il suo pubblico, per costringerlo a non rimanere passivo di fronte alla visione del film, per spingerlo ad un dibattito sulle questioni etiche della pellicola. Una donna che sacrifica il suo corpo per il bene del marito è da considerarsi una santa oppure una puttana? In una scena particolarmente straziante, Bess viene presa di mira da un gruppo di ragazzini che la inseguono prendendola a sassate,una vera e propria flagellazione.
"Chi è senza peccato scagli la prima pietra" sembra voler urlare il regista. Tutti gli abitanti del villaggio non perdonano a Bess la sua scelta, tanto che anche la madre si rifiuta di farla entrare in casa nonostante le urla disperate della figlia. La morale perbenista di una popolazione timorata di Dio, non arriva nemmeno a capire l'immenso gesto d'amore compiuto dalla donna,forse la sola ad aver davvero capito il messaggio che sta alla base degli insegnamenti religiosi. Nonostante ciò viene ripudiata da tutti, eccetto da sua cognata che è l'unica a prestarle soccorso.
Le onde del destino venne premiato a Cannes con il premio speciale della giuria, che non potè rimanere indifferente di fronte ad un'opera tanto audace e provocatoria. Non molti registi sarebbero stati in grado di affrontare un simile soggetto che mette sullo stesso piano il sacro e il profano, mettendo a dura prova il pubblico e le sue convinzioni. Se Bess sia una folle, un'ingenua oppure una santa, non viene mai chiarito nel film. Epure Lars Von Trier, maestro della provocazione,sembra avare a cuore la sorte della sua protagonista così come in molti altri dei suoi film dove ci sone protagoniste femminili che sembrano avere una forza che manca al genere maschile. è questo che sembra essere sfuggito a molti:nei suoi film sono le donne quelle forti e gli uomini quelli che si trovano a dover essere salvati.
Più che di misoginia, si dovrebbe mettere in luce il fatto che la scelta di mettere in primo piano delle protagoniste femminili,in un cinema moderno che le vede quasi sempre in secondo piano risponde ad un profondo amore e forse anche un pò di timore, per le stesse. Il riscatto del genere femminile è però doloroso e difficile e il regista lo sa e non cerca di nasconderlo, mostrandoci tutte le frite fisiche e non, sul corpo della protagonista. Von Trier non mancherà di scatenare altre polemiche con i suoi film successivi, che , seppur diversi da questo, mantengono intatta la sua poetica, che può essere amata o odiata, ma di cui non può venire messa in discussione la qualità oggetiva.Le onde del destino è un film che non mancherà di scatenare in voi emozioni violente e spingervi ad una profonda riflessione sulla natura più profonda dell'amore. Non mi resta altro da fare che augurarvi una buona visione.
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