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Le onde del destino

Regia di Lars von Trier vedi scheda film

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La recensione su Le onde del destino

di Lehava
2 stelle

"L'abnegazione ci permette di sacrificare gli altri senza alcuno scrupolo" (George Bernard Shaw)  


Partirei dal principio, che poi è successivo all'antefatto. Diversi anni fa mi capitò di guardare "Dogville": digiuna di precedenti visioni Trier-siane (diciamo che non mi parve il caso di correre al cinema: mettiamola pure sul personale…Una certa antipatia) giudicai l'opera in quanto tale. E non mi dispiacque del tutto. Certo non mi coinvolse minimamente, ne ebbi la sensazione di molto "costruita" e poco "sentita". Ma Nicole Kidman, mi convinsi, seppe dare equilibrio al personaggio, e quindi alla storia, essendo il suo personaggio veramente centrale. Il suo essere controllata, il tono di voce lieve, bella di una bellezza classica, perfetta, "pulita", mi confermò un "ammortamento" della drammaticità. Ed il "salvataggio" complessivo del film, che altrimenti sarebbe annegato in una trama noiosa, prevedibile e pure raccontata con malagrazia e approssimazione sociale, psicologica, emotiva. La scelta teatrale, esteticamente poco appetibile, comunque partecipava di questo insperato "equilibrio". Rividi "Dogville" pochissimi anni fa e, sebbene perplessa relativamente al messaggio complessivo (quale messaggio?), ne scrissi una generosa - nel senso delle stelle assegnate - recensione. Rimase per anni l'unico film di Lars (non von) Trier da me visionato. Fino a ieri sera. Quando, passando i vari canali, non mi capitò questo "Le onde del destino" fra capo e collo. Non controllando - ingenuamente - la durata complessiva mi sono stesa sul divano e, fra un sonnellino e l'altro, ho eroicamente raggiunto la fine! Alle 00:10! Che dire dunque? Come sempre, la mia. Senza volermi intrufolare nei dibattiti accesi su questo regista: per alcuni un mito, per molti altri un disgraziato. Dunque "Le onde del destino" .... Su un'altra rete veniva trasmesso in contemporanea "Austin Powers": il livello di ridicolaggine, simile. Certo "Austin Powers" è colorato, i vestiti chiassosi e trendy di una immaginifica Londra anni sessanta-settanta. Mentre qui gli splendidi paesaggi del nord-ovest della Scozia (riconiscibilissima Skye) sono sgranati da un'orrida fotografia finto-realista, e la mdp è perennemente preda dei venti furiosi che battono le Highlands. Il risultato è quantomeno irritante; una sorta di traballante "presa diretta" intervallata da inspiegabili e del tutto inutili quadretti kitch - fissi per circa un minuto! - con sottofondi musicali improbabili e, spero, volutamente stridenti con il contesto. Per bruttezza, segnalo l'ultimo. se non ricordo male, "the funeral": un ponticello che pare dipinto da uno studente delle medie, ed Elton John che ulula. Dunque, dunque "Le onde del destino", titolo poetico e assai più bello dell'inglese "Breaking the waves" (tra l'altro, in quelle zone della Scozia il mare è perennemente in tempesta: le onde si infrangono con tale violenza sugli scogli che la schiuma si rimescola a sé stessa divenendo densa e porosa: solida. "Breaking" mi fa venirte in mente un pazzo che piglia a martellate quella bella e morbida schiuma, fino a disperderla. Inquietante!): Bess è una ragazza psicologicamente ed emotivamente instabile, amata e curata da una famiglia attenta, e ben voluta dalla piccola comunità presbiteriana del luogo. Travolta da una passione irrefrenabile per Jan, lo sposa. Poco dopo, lo stesso parte per lavorare sulle piattaforme petrolifere. Una tragedia immane. Che precipita in una vera super-tragedia: Jan ha un incidente e resta paralizzato. Super-super-super tragedia: Jan si scopre essere un pervertito che convince Bess ad avere rapporti sessuali con altri uomini per poi raccontarli a lui, rimasto evidentemente impotente. La ragazza si degrada consapevolmente, convinta che questo salverà il marito. Cosa che, naturalmente - per il regista - ma del tutto innaturalmente - per chiunque altro - si avvera. Con scampanata finale tipo "ascesa al cielo della vergine" (io avrei suggerito a Trier la visione di Bess in croce) una salma trafugata e la pacificazione finale nell'immagine della sorella di Bess (Dodo) che sostiene Ian nei suoi primi passi dopo mesi in un letto d'ospedale. Io, tra l'altro, avrei suggerito a Trier un bacio finale alla francese fra i due. Ops, detto così però è troppo educato per il tono dell'opera, non volgare nel mostrare ma volgare in ciò che qua e là vuol dire. Meglio allora ... avrei suggerito a Trier che Jan ficcasse la lingua in bocca a Dodo palpandole il culo. Se proprio si vuole pigiare sull'acceleratore (e qui si pigia di maledetto!) allora non si può viaggiare solo a 150 km/h ma facciamo pure 200 km/h! Dove il ridicolo in questa storia tremenda? Tremenda, veramente tremenda? Ovunque Proprio nel fatto che sia una storia tremenda e raccontata ancora più tremendamente. E così convintamente che non si può che sorridere! Emily Watson risulta del tutto a proprio agio nella parte della squilibrata e aggiunge parecchio del suo: capelli perennemente arruffati, labbra livide, un fondoschiena abbondante fasciato nei pantaloncini simil-pelle rossi, gli occhi sgranati a melodramma, urla e lacrime a profusione. E' una storia d'amore? Di devozione, di fede? Assolutamente no! Non è altro che la triste ir-realtà di una donna disturbata che sbaglia contro tutti, si fa del male contro tutti, tutti ferisce (crudeltà pura è mettere gli altri nella condizione di disperarsi per te) ed ostinatamente chiama questo "amore", parlandone direttamente e presuntuosamente pure con Dio! Irritante è che Trier ci creda e "Dogville" ne è la prova, e sì, mi sa che è proprio un misogino in delirio di onnipotenza, con propensione alla pornografia, intellettuale e non. Ma divertente è che tanti spettatori (più o meno illustri, critici e non) credano a lui! Quale il messaggio? Nessuno! Non c'è un senso, non esiste un messaggio: il vuoto ermetico. Riempito dai palpiti personali (incontestabili per carità....) di chi pensa che i sentimenti siano tanto più veri quanto più estremi! Che l'approssimazione sia aderenza al reale, e la provocazione onestà. Alle 00:10, esausta, sono oramai preda di allucinazioni e i collant volgari di Bess si confondono con i pantaloni a zampa di Austin Powers. "Sei proprio senza cuore" mi ripeto. Trier affermò di aver pianto tutto il tempo durante le riprese (magari pensava al risultato finale!) e pure tu, disgraziata, "dovresti commuoverti" mi impongo (e ho pure sensi di colpa nei confronti della povera Bess. E per Stellan Skarsgard: convincente!). Ma non ce la faccio, mi viene da ridere! Proprio da ridere! Allora, per sgravarmi la coscienza, ripenso ad "Incompreso" di Comencini (vado "a botta sicura"): la scena in cui Andrea, steso sul divano, fissa insistentemente il ritratto della madre morta. Le lacrime scendono convinte, insistenti: "ecco, sono proprio una ragazza sensibile: mi sono pure commossa per Le onde del destino!". A dormire, ora. E' tardi.    

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